La minaccia del terrorismo di matrice islamica grava sull’Italia. L’ammissione è arrivata dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, e il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni alla presentazione della relazione annuale 2016 del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Con un problema alle “porte di casa”: nei Balcani proliferano gruppi jihadisti: “Il quadrante balcanico ha continuato a rappresentare una sorta di hub per il reclutamento di foreign fighters e safe haven per combattenti di rientro dai teatri di crisi mediorientali”, denunciano gli analisti. “Una diffusa rete di comunità musulmane radicali con forti legami con la diaspora all’estero, anche in Europa, ha agevolato l’opera di proselitismo e la partecipazione al conflitto siro-iracheno di numerosi individui di origine balcanica, nonché favorito lo sviluppo di network di supporto logistico, sfruttati da migliaia di combattenti in transito da Paesi europei (Italia inclusa) per raggiungere i gruppi jihadisti in Siria e Iraq”, aggiunge la relazione.
“I cittadini italiani possono essere certi non della mancanza di minacce, perché ignorare le minacce alla nostra sicurezza sarebbe un’illusione, ma possono essere certi del fatto che la qualità del lavoro di chi queste minacce lavora per contrastarle e prevenirle è molto alta”, ha affermato il premier in merito a possibili azioni terroristiche. “Così – ha aggiunto Gentiloni – come non dobbiamo ignorare queste minacce non dobbiamo agitarle per suscitare paure ingiustificate che sarebbe un pericolo altrettanto grave. Il lavoro equilibrato della nostra intelligence è la risposta ai tempi in cui viviamo: questo lavoro costituisce un’eccellenza per la Repubblica”.
Tornando alla relazione, il problema è legato ai lupi solitari che agiscono senza una vera e propria rete. “Alcuni di questi soggetti decidono di non partire a causa delle crescenti difficoltà a raggiungere il teatro siro-iracheno, determinandosi in alternativa a compiere il jihad direttamente in territorio italiano”, si legge nella relazione. “In prospettiva, alla flessione delle partenze di foreign fighters dal territorio nazionale potrebbe corrispondere un aumento del rischio di attacchi domestici”. Il documento ha mette in evidenza alcune conoscenze acquisite nel tempo: “Tra le ‘lezioni apprese’ dagli eventi terroristici intervenuti nel 2016 vi è proprio la comprovata capacità, da parte di soggetti ricercati, di circolare anche per mesi nello spazio Schengen senza essere individuati”.