Giorgia Meloni, letteralmente scatenata e ringalluzzita dai sondaggi, si sta facendo il giro delle sette chiese mediatiche. Domenica era da Lucia Annunziata su Rai 3 e ieri è uscita una sua intervista al Corriere della Sera. Ma andiamo per ordine. Come detto domenica pomeriggio la Meloni si è materializzata in Rai dove ha vestito, tra gli altri ruoli, anche quello di virologa laureata facendo una intemerata disastrosa nei sempre infidi campi della statistica epidemiologica, dove ben altri hanno inciampato. Ha dichiarato infatti solennemente che negli Stati sovranisti, tipo Brasile, Usa, UK e naturalmente l’Ungheria dell’alleato Orban, non è vero che le cose con il virus andavano male, come si sente dire in giro da quei cattivoni dei giornali, ma che il parametro della “mortalità” era in linea con gli altri.
La Meloni non ha capito che il parametro da prendere in considerazione non è la mortalità che misura solo l’efficienza della sanità e al limite la salute di un popolo, ma invece è il numero di positivi su 100 tamponi, l’unico parametro che è indipendente dal numero dei tamponi per definizione. E questo parametro, per gli Stati sovranisti, è ovviamente stellare viste le assurde politiche liberali alla no-mask che seguono. Ma ieri è uscito il pezzo forte dell’intervista. La Meloni più che una intervista ha dettato infatti una sorta di ultimatum al governo chiedendo tre punti come eventuale collaborazione dell’opposizione di centrodestra e cioè: 1) Regole di ingaggio trasparenti 2) Che il governo ammetta che l’efficacia della propria azione è stata nulla 3) Che va stabilito fin d’ora, con garanzia (nientemeno) che del capo dello Stato che finita l’emergenza si va a votare.
A parte che il governo ha i numeri per fare da solo, fa sorridere la protervia delle richieste non richieste tra cui divertentissima quella di un autodafé al punto due (le ha numerate), magari con richiesta di pubblica fustigazione. Dimentica – ad esempio – la leader di FdI che proprio il lockdown di marzo – aprile ci ha salvato una prima volta dal disastro ed ha salvato pure gli altri stati europei, visto che siamo stai i primi ad essere stati contagiati. Dopo gli ultimatum si è poi sperticata nella difesa delle classi produttive a suo dire tartassate dall’ultimo Dpcm e cioè i ristoratori.
Premesso che dispiace che ci siano danni economici per chiunque c’è da dire che, ad esempio, cinema e teatri sono stati molto più penalizzati dalle nuove misure restrittive. Ma sappiamo che per lei l’argomento è debole essendoci una certa storica ortogonalità tra la cultura e la destra. Si vanta la Meloni che tre deputati di Fdi sono ristoratori, non lo mettevamo in dubbio, ma preferiamo gli intellettuali e non per radical chicchismo ma solo perché la cultura è un valore che irraggia tutti gli altri di pura luce. Senza di essa si cade nell’abominio, si precipita alla lotta della savana, si abdica alla propria umanità, si rinnega la Storia e la Bellezza.
Alla domanda di cosa avrebbe fatto il centrodestra al potere si lancia poi in un divertente elenco di banalità tra cui l’ingaggio dei “taxi privati”, gli Ncc, tradizionale serbatoio di voti per il suo partito. Ma glielo diciamo noi alla Meloni che avrebbe prodotto la destra al governo: quello che ha fatto Bolsonaro in Brasile, Johnson in UK, Trump in Usa e Löfven in Svezia: cioè una marea di contagi, con conseguente strage grazie alle stupide politiche liberiste sulle mascherine e sui comportamenti individuali.