Stefano Sansonetti
Un porto praticamente “privato”, da utilizzare in via esclusiva per le proprie esigenze imprenditoriali. Il gruppo Marcegaglia ha messo nel mirino 8 mila metri quadrati di banchina del porto di Ravenna. E’ qui, in sostanza, che la società che fa capo alla famiglia di Emma Marcegagalia, ex presidente della Confindustria, vorrebbe sistemarsi in pianta stabile per le operazioni di sbarco dell’acciaio a caldo e di imbarco dei prodotti finiti. L’obiettivo, in particolare, è l’ottenimento di una concessione fino al 2022. L’iter è appena iniziato e tutto il corredo di richieste è sul tavolo dell’Autorità portuale di Ravenna. Il percorso è partito nelle scorse settimane con la presentazione di un’istanza di concessione.
Ma accanto a questa, il gruppo ha depositato anche l’integrazione di una precedente istanza con cui aveva già chiesto ai vertici del porto quello che tecnicamente è un “ampliamento dell’autorizzazione all’esercizio dell’impresa portuale”. L’Autorità, dal canto suo, ha provveduto a pubblicare tutte le richieste. E scadrà il prossimo 15 giugno il termine entro il quale dovranno pervenire eventuali osservazioni e opposizioni al piano coltivato dal gruppo dell’ex numero uno di viale dell’Astronomia.
Appalti al top
Di sicuro la Marcegaglia, dopo l’abbandono della poltrona di presidente degli industriali, è rimasta protagonista degli affari con la pubblica amministrazione. Nei mesi scorsi una delle società di famiglia, la Marcegaglia Buildtech, si è aggiudicata un appalto del Poligrafico dello stato per fornire l’acciaio con cui saranno coniate le monete da 1, 2 e 5 centesimi di euro. Un commessa del valore di 3 milioni di euro, arrivata proprio nel momento in cui la Commissione europea sta discutendo sull’opportunità di ritirare le monete in questione, accusate di essere poco usate e di produrre troppi sprechi a carico degli stati membri. In attesa di eventuali provvedimenti comunitari, però, la Marcegaglia è passata all’incasso.