Dubbi ce n’erano pochi. Che la manovra partisse in salita era certo ormai da tempo. Ma se pure ci fosse stata ancora qualche speranza, ci ha pensato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a spazzarla via. La legge di Bilancio del 2024, la prima davvero targata Giorgia Meloni, sarà complicata. E non si potrà fare tutto, per dirla con le parole di Giorgetti.
Sulla manovra, la prima davvero targata Meloni, il governo sembra brancolare ancora nel buio. Il problema è legato alle risorse
Per il momento sembra esserci una sola garanzia: la conferma, almeno parziale, del taglio del cuneo fiscale. Il ministro dell’Economia ha promesso aiuti ai redditi medio-bassi e il segnale è chiaro. Per il resto sulla manovra il governo sembra brancolare ancora nel buio. Il problema è legato alle risorse. E il timore è quello di nuovi tagli. Che metterebbero a rischio innanzitutto alcuni settori e alcune promesse. La sanità sembra la vittima sacrificale perfetta, ancora una volta. Come se la pandemia non avesse insegnato nulla. E poi l’istruzione, che potrebbe passare in secondo piano. Ma anche il rischio di un mancato rinnovo dei contratti pubblici e di una rivalutazione solo parziale delle pensioni.
A rischio anche il finanziamento necessario per avviare la costruzione del Ponte sullo Stretto
Non manca persino il rischio di far saltare parte del finanziamento necessario per avviare la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Proprio il Ponte sullo Stretto può rappresentare un indizio importante di come andrà la prossima manovra. E, soprattutto, di chi saranno i vincitori e chi i vinti. In questa seconda categoria sembra rientrare il leader della Lega Matteo Salvini. Non solo per il rischio di un ridimensionamento degli investimenti sul Ponte, opera a cui tiene particolarmente e che attiene al suo operato da ministro delle Infrastrutture. Ma anche perché molte delle sue promesse sono destinate a infrangersi: il taglio delle accise sulla benzina che a quanto pare non ci sarà, così come il superamento della legge Fornero.
Impensabile una riforma delle pensioni
Sulle pensioni una riforma non è neanche pensabile oggi, ha fatto intendere chiaramente Giorgetti. Per ora l’unica certezza riguarda il taglio del cuneo fiscale, battaglia cara a Meloni e che ha promesso uno sgravio contributivo di cinque punti in tutta la legislatura. Se venisse resa strutturale la misura attualmente in vigore la missione sarebbe già compiuta. La presidente del Consiglio potrebbe avere anche altro da festeggiare. Perché, mantenendo la sua promessa sugli stipendi, riuscirebbe comunque a rivendicare la sua affidabilità in Europa, evitando un deficit eccessivo e rinunciando a promesse elettorali più di fede leghista che di Fratelli d’Italia (oltre alle pensioni, pensiamo per esempio alla flat tax).
Una manovra austera, improntata alla prudenza, farebbe contenta la Commissione europea e anche Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e primo degli europeisti del governo. Che potrebbe accontentarsi di una conferma (o magari di un minimo innalzamento) delle pensioni minime a 600 euro.
L’unica certezza è la conferma del taglio al cuneo fiscale. Rinunciarvi costerebbe alle urne
Tutti, però, hanno un chiaro obiettivo: confermare il taglio del cuneo fiscale. Che è sì il punto principale per Meloni, ma è fondamentale anche per i suoi alleati per un semplice motivo, un calcolo elettorale inevitabile: se gli stipendi scendessero, con un netto più basso in busta paga a gennaio dettato da una mancata conferma dello sgravio nel 2024, il rischio di perdere migliaia, se non milioni, di voti alle elezioni europee è molto concreto. E anche per questa ragione, con la tornata elettorale alle porte (sarà in primavera), l’unica certezza è che il taglio del cuneo fiscale non si può eliminare. Forse ridimensionare, ma solo a patto di compensare le buste paga più leggere con la riduzione delle aliquote Irpef.