di Gaetano Pedullà
Vuoi vedere che se siamo con le pezze al sedere è tutta colpa delle imprese? E mentre ci siamo, perché no, anche dei commercianti e dei piccoli artigiani? No, il macigno di tasse non c’entra. La burocrazia bizantina neppure. Le banche che non fanno credito, meno che meno. Per non parlare dello Stato che non paga i suoi debiti. A sentire il nostro presidente del Consiglio, ora che l’Europa ci promette un’aspirina (solo un miliardo e mezzo di fronte alla montagna di giovani disoccupati) le imprese non hanno alibi per non assumere. Ma assumere per fare cosa? Per produrre più beni e servizi che nessuno può comprare? Assumere per poi tenersi a vita dipendenti che niente al mondo potrà più far licenziare? Assumere – e quindi retribuire subito – nuovo personale per avere chissà quando decontribuzioni di chissà quale grandezza, a fronte di tasse e altri oneri di previdenza e assistenza che costano alle aziende più degli stipendi netti corrisposti in busta paga? Non c’è bisogno di sforzarsi nel cercare difficili risposte. Le ricette che questa Europa ci offre sono pannicelli caldi. E i toni trionfalistici usati ieri da Letta quanto meno fuori luogo. Ma davvero dobbiamo ringraziare Bruxelles per la magnanimità con cui ha stanziato appena 9 miliardi in risposta a una generazione tradita? A milioni di giovani lasciati con le mani in mano? A Paesi come la Francia, il Belgio, la Spagna, la Grecia, il Portogallo e l’Italia che aggiornano di mese in mese il loro record storico di disoccupati? Sarà pure responsabile, cauto e allergico a battere i pugni sul tavolo, ma così il nostro premier non fa che allungare un’agonia. L’agonia di un Paese che ha fame. Star buoni, mettersi paura ad ogni colpo di tosse dei mercati finanziari e ringraziare pure la Merkel allungherà certo la vita al governo. Ma agli italiani serve pochissimo.