C’è tutto il solito copione. Ci sono le minacce in perfetto stile mafioso con il vecchio boss Gaetano Bandiera che il 16 febbraio dell’anno scorso si presenta da un fruttivendolo per chiedere il pizzo e ottiene in omaggio “in segno di rispetto” arance e banane. “Si è comportata bene, che mi ha detto che quando c’ho bisogno…”, annota Bandiera, “Eh… e questo è il bello”, commenta un affiliato.
In Lombardia, tra i candidati che dovrebbero tenerci al riparo dalla ‘Ndrangheta sempre più avida, c’è anche Letizia Moratti
C’è una testa di maiale lasciata sullo zerbino di un pregiudicato, Marco Giordano, accusato di essere un’infame. C’è l’idea di usare una testa di capretto con un biglietto in bocca “la prossima testa è di vostro figlio”. Anche a Rho la ‘Ndrangheta agisce con gli usi e costumi di chi si sente impunito: i Bandiera, padre e figlio, sono affiliati alla Santa e hanno eletto capa anche la quarantacinquenne Caterina Giancotti, prima donna boss in Lombardia di cui sappiamo.
Siamo nella Lombardia che si prepara a gestire i soldi del Pnrr e quelli che arriveranno per le Olimpiadi invernali, a pochi mesi dal voto che designerà il prossimo presidente della Regione. Tra i candidati che dovrebbero tenerci al riparo dalla ‘Ndrangheta sempre più avida c’è anche Letizia Brichetto vedova Moratti. Allora conviene fare un passo indietro.
Il 25 maggio 2009 Moratti interveniva nella trasmissione Annozero, invitata da Michele Santoro a commentare le recenti inchieste antimafia che riguardavano soprattutto l’Ortomercato e le ‘ndrine di Platì (Barbaro-Papalia) che monopolizzavano il movimento terra. La preoccupazione era che, senza adeguata vigilanza, l’Expo2015 potesse diventare un affare per le cosche da tutta Italia.
L’allora sindaca non si espresse mai direttamente sul tema e, di fronte ai servizi che raccontavano quanto emergeva dalle inchieste, dichiarò: «Io credo che Milano e il territorio circostante, la Lombardia, non possa essere descritta così, perché davvero è un modo di descrivere il nostro territorio che non corrisponde all’anima del nostro territorio. Quindi io davvero credo che ci debba essere la possibilità anche di far vedere ciò che Milano è davvero, quindi non è questo».
Quello stesso giorno al Comune di Milano (che Moratti guidava) venne cancellata la Commissione consiliare antimafia su spinta delle folli dichiarazioni dell’allora Prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi che in una lettera alla sindaca scrisse che la lotta alla mafia “esula del tutto dalle competenze comunali”, “confligge con le norme in vigore” e addirittura “è suscettibile di interferire con le istituzioni preposte”.
Il capogruppo del Popolo delle Libertà (allora si chiamava così Forza Italia) Giulio Gallera – sì, proprio quel Giulio Gallera – ebbe gioco facile nel dichiarare che “il compito dei consiglieri comunali non è quello di combattere la mafia, che spetta alla magistratura”. L’anno successivo Moratti insiste: “Io parlerei, più che di infiltrazioni mafiose, di infiltrazioni della criminalità organizzata”.
Quando a luglio di quell’anno l’operazione Crimine-Infinito svelò la profondità della presenza mafiosa in Lombardia sempre Letizia Moratti si disse sorpresa “che la rete fosse così ampia”. Ma dai? In questi ultimi dieci anni Moratti non ha mai rinnegato quelle posizioni. Ha semplicemente deciso di non parlarne più. Anche nel periodo in cui tentava di irretire il Pd non ha nemmeno fatto finta di pentirsi della sua pericolosa ignoranza sulle mafie nella Regione che vorrebbe governare. Nulla.
La domanda sorge spontanea: eleggereste presidente di una Regione in cui accadono fatti mafiosi come quelli di Rho chi per tutta la carriera li ha negati sfidando il senso del ridicolo? Chissà che ne pensano anche Renzi e Calenda.