La strage di domenica scorsa a Fidene fa riecheggiare nelle menti i tanti morti americani, vittime di un sistema in cui l’accesso alle armi è estremamente facile e in cui ci si culla nell’illusione di una sicurezza personale fatta dalla detenzione di una pistola, o di un fucile in casa. Che poi questi siano usati in un giorno di ordinaria follia per andare in una scuola e uccidere dei bambini, come accaduto tante volte, è tutta un’altra storia.
Troppo facile nel nostro Paese procurarsi una pistola. Ma per le destre questo sistema va bene così
Ma noi siamo in Italia, più precisamente nella periferia nord-est di Roma, dove sono state ammazzate tre donne – una lotta ancora tra la vita e la morte – e dove il computo dei morti poteva essere decisamente più alto: il killer in tasca aveva un centinaio di munizioni.
La drammaticità del caso apre dunque una riflessione sul possesso e sulla diffusione legale delle “armi leggere” nel nostro paese e sulla necessità di superare alcune credenze a riguardo. E la prima tra tutte è che l’Italia avrebbe un sistema normativo di grande rigore a dispetto degli altri stati membri dell’Unione europea.
In Italia, infatti, non è per niente complesso diventare legittimi titolari di una licenza per armi, che si basa sul rilascio di un certificato amnestico firmato dal medico curante senza che vi sia da parte di questo la richiesta – se non in casi particolari – di esami tossicologici per appurare, come la legge richiede, che il soggetto in questione non abusi di sostanze psicotrope e droghe. Così come appare del tutto in discesa il rilascio del certificato di idoneità al maneggio delle armi: un corso di mezza giornata presso la sede locale del Tiro a segno nazionale combinato a un controllo effettuato dall’autorità di pubblica sicurezza sui precedenti penali del richiedente. A meno che non siano stati commessi gravi reati, la licenza viene quindi rilasciata, e permette di acquistare una serie di armi come revolver e pistole semiautomatiche.
Quindi, con una licenza di porto d’armi per tiro al volo, o anche per la caccia, si può arrivare a costruire un proprio arsenale domestico, poiché alcune delle armi acquistabili è possibile ottenerle con caricatori da dieci o venti colpi detenibili in numero illimitato e senza obbligo di denuncia.
Viene da pensare come non sia un caso che la licenza di “tiro sportivo” sia la più richiesta in Italia e come questa nasconda molte volte solo la volontà di diventare possessori di un’arma, perché in fondo, magari, prima o poi potrebbe servire ben oltre il perimetro di un poligono, così da trasformare una tranquilla zona residenziale in un Far West. Anche la legittima difesa, d’altra parte, può trasformarsi con grande facilità nel suo eccesso colposo, quando nel cassetto abbiamo una pistola. Pensiamo al caso di un ladruncolo entrato nel giardino di casa, che di spalle scavalca la recinzione per andare via.
Noi spariamo un colpo perché in quel momento il pericolo percepito ci porta a soffocare qualsiasi barlume di lucidità. Così come la lite domestica tra marito e moglie fin troppe volte ha visto come epilogo un femminicidio a causa di un’arma regolarmente posseduta da un uomo che in quel momento ha perso il controllo. Per non parlare di coloro che celebrando la “cultura della violenza” trovano nel possesso di un’arma una forma perpetua di minaccia sull’altro, che può trasformarsi in taluni casi in una vera e propria esecuzione che ha il sapore – stando alle ricostruzioni successive o alle denunce sporte e inascoltate – di una morte annunciata.
Alcuni profili di omicidi nostrani, il cui identikit si basa in parte anche sulla raccolta delle informazioni provenienti dai social media, sembrano infatti avere delle similarità: Campiti inneggia a Hitler e Mussolini facendo uso di simboli nazifascisti come un fascio littorio e richiamandosi esplicitamente al motto fascista “molti nemici molto onore”.
Il triplice omicidio da lui commesso non sembra avere questa esplicita matrice, in quanto il movente pare essere di ordine pratico e connesso a dinamiche condominiali, eppure la dimensione ideologica riporta alla mente quello stessa di Luca Traini fautore della strage di Macerata. E come aveva avuto la pistola Traini? In soli diciotto giorni e senza dover dimostrare di praticare alcuna disciplina sportiva, l’attentatore di Macerata ha potuto dirigere i suoi colpi verso i migranti con la sua licenza di “tiro a segno”.
Perciò, visto che gli effetti deleteri del “diritto alle armi” sono perfettamente visibili negli Stati Uniti, dobbiamo evitare che la loro cultura – seppure la nostra storia sia ben lontana da quella americana – trovi spazio in Italia attraverso le campagne promosse dalle lobby delle armi, sempre in cerca di sponde partitiche che oggi potrebbero non faticare a trovare. Non a caso sono stati avvistati esponenti di Lega e Fratelli d’Italia alle grandi fiere delle armi promosse da associazioni che non si limitano a riunire cacciatori, ma a promuovere il modello americano di legittima difesa. Proprio quello che dobbiamo scongiurare.