Di Gaetano Pedullà
L’ultimo mondiale vinto dalla Germania ci riporta a Italia 90. Il muro era appena caduto e a Berlino c’era da ricostruire tutto. Gli Azzurri, grandi favoriti, finirono a giocarsi la semifinale a Napoli contro un’Argentina che aveva la sua stella, Maradona, padrone di casa. Perdemmo, come era logico, e ancora oggi c’è chi pensa che persino nella preselezione degli stadi ci fu lo zampino di chi volle dare una mano a un Paese messo in ginocchio dai costi della riunificazione. Dal 1990 a oggi, il Brasile non sta meglio di quella Germania. Nonostante gli sforzi del governo di Dilma Rousseff per nascondere la polvere sotto il tappeto, la povertà, la corruzione e i conflitti sociali che attraversano il Paese si vedono benissimo.
Per questo solo aver organizzato il grande circo del pallone aveva riacceso la fiducia nel futuro. Una fiducia che in 90 minuti undici calciatori tedeschi hanno distrutto umiliando undici sbandati brasiliani. Non una lezione di sport, ma un’affermazione di supremazia. Sui social network impazziti dopo il vergognoso 7 a 1, c’è chi ha immaginato una nuova invasione della Polonia come prossima sfida di questa Germania ormai inebriata da uno spirito di super potenza. Non lo faranno. L’Europa l’hanno già conquistata imponendo la dittatura dello spread e per il resto del mondo si stanno attrezzando. Martedì, sul 3 a zero, avevano stravinto. La lezione però andava data, a costo di trafiggere l’anima di uno Stato che è un continente. Se mezza Europa spera di ottenere dalla Merkel flessibilità sui conti pubblici e deroghe economiche, sappia che le possibilità di spuntarla sono 7 a 1 contro. Semmai servissero altre lezioni.