Le Lettere

La lezione francese

Che succede in Francia? Nessuno spiega cosa significano le tante sigle dei partiti. Comunque, ho l’impressione che, al solito, la politica scavalchi gli interessi del popolo.
Simona Lucci
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Gentile lettrice, ha decisamente ragione. In Francia come in Europa l’idea è che il potere sia affare dei notabili di partito e non del popolo. Quanto accaduto alle ultime elezioni francesi parla da solo. Il voto fu indetto a sorpresa da Macron per ridimensionare Le Pen, uscita vincente dalle europee. Ebbene, il risultato è stato: primo RN, il Rassemblement di Le Pen (37%) euroscettico e anti Nato; secondo NFP, il Front populaire di sinistra (25,6%), euroscettico e anti Nato; terzo Ensemble di Macron (23,2%); e quarto Républicains, centrodestra (5,4%). Ebbene, Macron ha affidato il governo al primo partito? Neppure per sogno, anche perché Le Pen non aveva alleati né maggioranza in parlamento. Allora al secondo, la sinistra di Mélenchon? Ma figuriamoci. Al terzo? Macché. Ha scelto il quarto, ossia Michel Barnier, il quale per tre mesi ha campato sull’appoggio esterno di Le Pen e poi è stato sfiduciato. Agli euroscettici e anti Nato di destra e di sinistra, che insieme sono il 62,6%, niente: quel che vuole il popolo non conta. La democrazia ora funziona così: se vinciamo noi, bene; se vincono gli altri, non vale. Lo stesso fu alle ultime europee: trionfarono quasi ovunque i partiti populisti e sovranisti, ma poi a capo dell’Ue è stata eletta Ursula von der Leyen, vecchio arnese e simbolo di un’Europa bellicista, tecnicista e tecnofinanziaria odiata dai popoli. Questo è il succo della lezione francese ed europea.

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