San Valentino, la ricorrenza appena trascorsa dedicata agli innamorati, dal 2013 coincide con l’anniversario della morte di Reeva Steenkamp uccisa per mano del fenomeno paralimpico, suo fidanzato, Oscar Pistorius con quattro colpi di pistola.
Il 14 febbraio 2013 l’atleta sudafricano Oscar Pistorius uccise la compagna. Fatale il possesso di una pistola in casa
Tra qualche settimana quest’ultimo potrebbe ottenere la libertà vigilata, dopo essere stato per anni – secondo chi gli sta vicino – un detenuto modello, che si è zelantemente prestato alle mansioni più umili trasformando se stesso dall’atleta globalmente riconosciuto come un mito vivente ad un omicida stravolto dalla presa d’atto che la sua vita è irreversibilmente cambiata. Ma lui una vita ce l’ha ancora, Reeva no.
Il caso Pistorius è stato reiteratamente utilizzato nel dibattito pubblico attorno alla legittima difesa e, ancora oggi, dovrebbe farci riflettere quando utilizziamo il tema della sicurezza – o della percezione che della sicurezza abbiamo – come giustificazione per una corsa alle armi. Pistorius, che deteneva un’arma in casa, l’ha utilizzata per uccidere la propria donna dichiarando di averla scambiata per un ladro. Quante volte quelle armi che ci restituiscono, come nel far west americano, l’illusione di essere “al sicuro” diventano il mezzo per femminicidi, stragi e omicidi?
La cronaca, d’altra parte, è ricca di casi che confermano questa drammatica tendenza. Nel solo mese di gennaio tre donne sono state ammazzate con armi regolarmente possedute. Sarebbe importante, considerando anche il rapporto della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio della passata legislatura, elaborare dei dati ufficiali sui femminicidi compiuti con armi legali attraverso indagini promosse dal Ministero dell’Interno e dall’Istat. E questo non per mero interesse statistico, ma per fare in modo che i dati – adeguatamente interpretati – corroborino la necessità di rivedere le norme e i controlli per il rilascio di una licenza per porto d’armi.
La questione sicurezza sollevata dalle forze governative che gridano alla dannosa eredità ricevuta dai governi precedenti (gestione dell’immigrazione in primis), nonostante l’Italia risulti tra i paesi più sicuri d’Europa, sembra andare nella direzione di un “noi vi proteggeremo” (già partita con l’operazione “stazioni sicure” che a quanto pare verrà rafforzata ed estesa ad altri luoghi sensibili) ma, intanto, allude a un messaggio che suona più o meno così “vi capiamo se correrete ad armarvi”.
Ad impattare emotivamente, poi, le tante “testimonianze vip” a cui va grande spazio mediatico e la nostra totale solidarietà: dal furto alla famiglia Facchinetti, come quello ai De Cecco. Nel primo caso, con tanto di video a grande impatto social per dire: “l’Italia non è un paese sicuro”, ma a noi il dovere di ricordare come la sicurezza venga meno proprio quando circolano con facilitazioni normative – che a questo governo sembrano piacere – le armi.