Se Beppe Grillo potesse, si sfilerebbe dall’accordo “tedesco” all’istante. Due giorni fa a Taranto, parlando con gli operai, ha espresso quello che molto probabilmente pensa davvero: “Stiamo facendo una legge elettorale che non capisce nessuno”. Salvo poi dire l’esatto contrario ai microfoni del Tg2: “Stiamo facendo un lavoro certosino”. Un modo per non far saltare il banco all’improvviso, senza un reale motivo e soprattutto senza alcun preavviso ai parlamentari affannati a difendere quanto fatto finora. La soluzione è stata individuata nella convocazione di un’altra consultazione degli iscritti: “Il testo di legge che uscirà dal voto degli emendamenti di questi giorni sarà ratificato dai nostri iscritti con una consultazione online che si terrà prima del voto finale del provvedimento, che dovrebbe essere previsto lunedì, nei giorni di sabato e domenica”, ha annunciato Grillo. In pratica è la risposta a utente del suo blog: “Prima della votazione definitiva in parlamento sarebbe giusto chiedere l’approvazione degli iscritti, perché quello che è uscito fuori fino ad ora è diverso da ciò che è stato votato dagli iscritti”, aveva chiesto Emanuele nell’ambito del dibattito sulla legge elettorale nato tra i militanti.
Montagna di critiche – E proprio la carrellata di proteste contro il Movimento riesce a rendere l’idea del clima difficile che si respira: “Come tanti, stanco di questi partiti di ladri e bugiardi, confidavo molto su di voi, ma visto il tipo di legge elettorale che sta uscendo, mi sono cadute le braccia, se uscirà così, non contate più si di me e su moltissimi altri che vedono questa legge solo un’altra ennesima porcata”, ha scritto Franco Crotta in uno dei commenti sul blog di Grillo, esprimendo tutta l’amarezza in replica a un post del deputato Danilo Toninelli, l’uomo della trattativa con gli altri partiti. Nel mirino è finita soprattutto l’attuale mancanza delle preferenze: “Bisogna impedire assolutamente che il capo di un partito nomini i parlamentari. È questo, secondo me, il maggior problema delle leggi elettorali italiane, creano un parlamento di servi che non è in grado di svolgere i suoi compiti costituzionali”, ha ribadito l’utente che si firma Barone Nero. E c’è anche chi come Umberto si è sentito preso in giro dalla consultazione online sulla legge elettorale: “Ho votato sì per il sistema tedesco. Il quesito era fasullo e serviva solo ad ottenere libertà di manovra. Il comportamento di Grillo mi sembra orientato a votare ad ogni costo, giocandosi anche la faccia e la credibilità”. Un concetto ripreso da Claudio Gardini: “Ci terrei a fare presente che non è prsente sul tavolo nessun sistema elettorale simile a quello tedesco”.
Silenzio prego – Insomma, nel Movimento 5 Stelle è stata così placata la tentazione di mettere qualche mina sull’approvazione della riforma e far scoppiare l’intesa. Riportando così in auge la posizione oltranzista della senatrice Paola Taverna, che aveva attaccato: “Io personalmente non mi sarei messa nemmeno lì seduta”, in riferimento alla trattativa intrapresa, subendo un rimprovero, nemmeno troppo indiretto, del fondatore del M5S: “I portavoce rispettino il mandato”. Un vero e proprio richiamo all’ordine nei confronti della legge elettorale in stile tedesco votato sul blog di Grillo. Ma proprio quel risultato è sembrato ritorcersi contro, perché il cammino è stato alquanto accidentato. Producendo un sistema “incomprensibile”, addirittura a giudizio del comico genovese. Che notoriamente è attento agli umore della base, tutt’altro che soddisfatta del dialogo avviato con Pd e Forza Italia e quindi chiamata di nuovo a esprimersi. Anche i cavalli di battaglia sfoderati nella discussione in Aula, come preferenze e voto disgiunto, possono tramutarsi in autogol. I 5 Stelle hanno presentato due emendamenti in tal senso, eppure in commissione l’introduzione delle preferenze era stata bocciata dai grillini. “Vediamo se il vincolo del blog è meno forte del vincolo di potere con Renzi e Berlusconi”, ha ironizzato il deputato del Movimento democratico e progressista, Arturo Scotto.
Ex all’attacco – Di fronte a qualche crepa interna, gli ex 5 Stelle hanno colto l’occasione per andare all’attacco. Walter Rizzetto, passato con Fratelli d’Italia, ha parlato di “inciucio” e “tradimento” nei confronti degli attivisti. Ma non è stato l’unico a sferzare i grillini: “Per la prima volta in vita sua il Movimento 5 Stelle ha fatto un accordo politico con il Partito democratico di Renzi, Forza Italia e con la Lega, e il risultato è una legge elettorale che va contro a tutte le promesse fatte da Beppe Grillo agli italiani dal 2007”, hanno affermato i deputati di Alternativa libera, capitanato da Massimo Artini. Le senatrici Maria Mussini, Monica Casaletto, Laura Bignami e Ivana Simeoni, pure loro fuoriuscite, hanno rincarato la dose: “La nostra storia politica nasce l’8 settembre del 2007 con il primo Vaffaday, organizzato da Beppe Grillo; quel giorno 350.000 cittadini ci diedero la loro firma per la legge di iniziativa popolare Parlamento Pulito”. Da qui è nato comunque l’appello: “Respingete questo testo di legge e promuovete una norma che affronti l’esclusione dei condannati in primo grado, la limitazione dei mandati e il ripristino della preferenza, senza capilista e nominati di partito, con regole di candidatura democratiche”. Certo, un po’ di astio degli ex era scontato. Ma queste posizioni sono rafforzate dalla delusione manifestata apertamente da molti attivisti, che minacciano di astenersi alle prossime elezioni.
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