Prima, per protesta contro i conflitti di interesse all’interno della Commissione contenziosa, s’è dimessa la vicepresidente M5S, Linda Evangelista. Poi il senatore (grillino) supplente, Francesco Castiello. Ora la nuova vicepresidente, Alessandra Riccardi, ha lasciato il Movimento per passare alla Lega (mentre la deputata 5S Alessandra Ermellino ha traslocato al Misto). Non c’è pace per il giudice di primo grado del Senato, dove è in corso la battaglia di bandiera dei Cinque Stelle sul taglio dei vitalizi. La bandiera rischia a ogni minuto di essere ammainata: sul piatto degli organi per il giudizio interno ci sono ben 771 ricorsi contro la delibera taglia-pensioni del 2018, ma la composizione delle giurie – e proprio grazie ai grillini – è cambiata così profondamente che ormai è difficile scommettere sulla conferma dei tagli. Come voterà, per esempio, l’avvocato Alessandra Riccardi da Cinisello Balsamo, da ieri seduta tra i banchi leghisti?
MINA VAGANTE. Già si era fatta notare, il 26 maggio, votando in difformità alle posizioni del Movimento sul caso Matteo Salvini-Open Arms: contraria all’autorizzazione a procedere. Altri due i voti in dissenso dal gruppo. Quanto ai vitalizi, il blog delle Stelle aveva riferito che la senatrice “ha chiesto il tempo necessario a studiare le carte e elaborare la linea giuridica ritenuta migliore, fermo restando la delibera del Consiglio di presidenza”. Ma un conto è la linea giuridica del movimento, un conto la sua. Il vero errore i Cinque Stelle l’hanno fatto all’inizio, nelle trattative per le presidenze delle commissioni.
FALSA PARTENZA. Alla Camera, i grillini hanno rivendicato (e ottenuto per Andrea Colletti) la presidenza del Collegio di appello, l’organo giurisdizionale di secondo e ultimo grado, mentre il Consiglio di giurisdizione, cioè il primo grado, è andato all’opposizione dell’epoca (il Pd, con Alberto Losacco). Al Senato, invece, all’opposizione sono stati lasciati entrambi gli organi di giudizio interno: la Contenziosa (primo grado) è in mano a Giacomo Caliendo, Forza Italia, terza legislatura, e il Consiglio di garanzia (secondo grado) al collega di partito Luigi Vitali, cinque mandati. Quanto agli altri componenti, aiuto: su tre senatori titolari, in Contenziosa il Movimento poteva contare solo sulla vicepresidente Ricciardi, ora fuoriuscita. Anche in Consiglio di garanzia, su cinque membri effettivi, i Cinque Stelle schierava il vicepresidente; ma Ugo Grassi è passato pure lui, lo scorso febbraio, con Salvini, perciò ora i Cinque Stelle non hanno titolari in nessuno dei due organi di giudizio. E due supplenti (Sabrina Ricciardi in primo grado e Gianluca Perilli in secondo) non bastano a contrastare una maggioranza schiacciante di centro-destra.
L’AGO DEL CAPITANO. Con due rappresentanti (su tre) in Contenziosa e due (su cinque) in Consiglio di garanzia, Salvini rischia ora di essere il vero ago della bilancia. Simone Pillon, membro della prima, ai colleghi ha infatti sempre detto di non essere personalmente contrario a rivedere i tagli, ma che si sarebbe allineato alle decisioni del partito. Quali saranno? L’occasione di mandare sotto l’attuale maggioranza su un provvedimento-simbolo è veramente ghiotta: se ai voti leghisti si aggiungono quelli di Forza Italia e di Fdi (Massimo Balboni, in Consiglio di garanzia, è alla quarta legislatura: un po’ di interesse personale ce l’ha) il gioco sarebbe fatto. E tanti saluti alla bandiera.