Matteo Salvini lo deve ai suoi governatori. Portare a casa l’Autonomia differenziata è la promessa che ha fatto ai Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana in cambio della riconferma alla guida del Carroccio che i presidenti delle Regioni del Nord gli hanno accordato il giorno dopo della sonora sconfitta alle elezioni del 25 settembre.
Ecco perché il ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli, è partito subito in quarta con una proposta che ha provocato una levata di scudi non solo da parte dell’opposizione e dei governatori del Sud ma che è stata considerata con diffidenza anche dagli altri alleati della maggioranza. A scontrarsi sono due visioni: quella secessionista della Lega e quella centralista-nazionalista di Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Non è un caso che Calderoli abbia dovuto fare marcia indietro declassando ad “appunti di lavoro” la sua bozza di disegno di legge. E ieri si è reso necessario un vertice di maggioranza tra la premier Giorgia Meloni, Calderoli, i due vicepremier Salvini e Antonio Tajani e i ministri, entrambi di FdI, Francesco Lollobrigida e, in videocollegamento, Raffaele Fitto. “L’Autonomia è nel programma di governo e intendiamo realizzarla”, afferma Calderoli al termine del vertice.
“Lavoreremo in parallelo su autonomia e presidenzialismo in modo da portare avanti i punti programmatici, includendo anche i poteri di Roma capitale”, dichiara invece per riequilibrare il ministro dell’Agricoltura, il meloniano Lollobrigida. Il presidenzialismo, com’è noto, è caro a Fratelli d’Italia almeno quanto l’Autonomia alla Lega. Punto dirimente è quello sui Lep.
Nella bozza del disegno di legge di Calderoli è previsto che vengano stabiliti i livelli essenziali di prestazione (che lo Stato deve garantire “su tutto il territorio nazionale”) prima di procedere all’accordo diretto sulle materie da delegare alle Regioni, ma è anche fissato un termine di un anno oltre il quale, se non vengono approvati con decreto del presidente del Consiglio, le funzioni possono comunque essere trasferite alla Regione.
Dall’istruzione all’ambiente, il criterio sarà – è la contestazione – non l’omogeneità dei servizi ma la spesa storica. Criterio che rischia di dare di più a chi ha già servizi evoluti e costosi. È lungo l’elenco delle materie di cui le Regioni potranno scegliere di occuparsi in via esclusiva, mutuandoli dai poteri dello Stato centrale. In Veneto e Lombardia, dove si sono anche tenuti i referendum, i governatori leghisti Zaia e Fontana, hanno già avanzato la richiesta per tutte e 23 le materie.
Il presidente della Liguria, Giovanni Toti, si è aggiunto subito dopo chiedendo le competenze sui porti. Quello della Toscana, Eugenio Giani (Pd), rivendica i beni culturali e la geotermia. Calderoli assicura: “Sono convinto che dopo 21 anni in cui c’è la previsione che lo Stato definisca i livelli essenziali delle prestazioni, questo governo e questa legislatura arriverà alla definizione di tutti i livelli”. Fitto garantisce che “ci muoveremo nell’ambito della Costituzione” e Lollobrigida assicura che “nessuno rimarrà indietro”. (G.Lo)