I giorni passano e il countdown è cominciato. A fine luglio nella prossima sessione plenaria il Parlamento europeo, come si sa, dovrà approvare o meno le nomine presentate dal Consiglio europeo. Un pacchetto completo che prevede, però, come primo step l’ok definitivo al passaggio di consegne tra Jean-Claude Juncker e Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Checché se ne dica, l’esito non è poi così certo, nonostante l’accordo trovato dai capi di Stato e di Governo. A testimoniare un certo malcontento che serpeggia nei corridoi di Bruxelles e Strasburgo, ci ha pensato ieri il vicepresidente del Ppe Esteban González Pons, che ha lanciato un attacco di rara virulenza contro il Consiglio europeo, accusandolo di “mancato rispetto della altre istituzioni dell’Ue”.
Una critica durissima, sebbene alla fine come presidente dell’Esecutivo comunitario sia stata designata proprio una popolare. Il che rende conto dell’insoddisfazione. Un’insoddisfazione condivisa anche dai Verdi che, rimasti fuori dai giochi delle nomine, hanno deciso perlomeno per ora di non entrare in maggioranza. E anche dai partiti italiani non c’è piena convergenza, nonostante la soddisfazione di Giuseppe Conte all’indomani delle nomine.
PARTITA APERTA. Ieri anche i 5 Stelle si sono dimostrati più guardinghi rispetto alle prime ore. “Valuteremo il programma: ascolteremo la von der Leyen e giudicheremo”, ha spiegato Fabio Massimo Castaldo. Atteggiamento completamente differente è, invece, quello della Lega. “Se veramente volete essere coerenti, potete votare contro la candidata che il Consiglio ha proposto per la presidenza della Commissione”, ha spiegato ieri Marco Zanni, capogruppo di Identità e democrazia. Lo stesso Matteo Salvini, d’altronde, ha espresso pesanti critiche sul nome della von der Leyen.
Sorge, però, a questo punto un cortocircuito che potrebbe costare caro alla Lega: votare contro la presidenza della Commissione, imporrebbe una rinuncia alla scelta del commissario italiano che, come detto anche da Conte, spetterebbe alla Lega visti i risultati elettorali. “Logica vuole – dicono a mezza bozza alcuni parlamentari M5S in Transatlantico – che se si vota contro la von der Leyen non si può mandare poi un proprio rappresentante a lavorare con la stessa von der Leyen. Sarebbe un paradosso d’incoerenza clamoroso”. In questo senso, dicono i ben informati, andrebbe letto il ritardo nella scelta di una lista di nomi su cui ragionare per il ruolo di commissario: “Finché non si capisce cosa farà la Lega nel momento in cui si dovrà votare la von der Leyen, è tutto bloccato”, spiega la stessa fonte.
Ed è per questa ragione che non si può sottovalutare l’ipotesi che, alla fine, non si scelga un’autorità che graviti intorno all’orbita pentastellata o, anche, un tecnico che riceva uguale placet sia dalla Lega che dal Movimento. Resta, tuttavia, un “ma”: al di là delle dichiarazioni del momento, se la casella da riempire dovesse essere realmente quella della Concorrenza, difficilmente Giancarlo Giorgetti si farà indietro. Stesso dicasi – altra ipotesi da non sottovalutare – se alla fine dovesse essere Gian Marco Centinaio il prescelto per la Commissione. Ipotesi non secondaria, specie se la delega assegnata all’Italia dovesse essere quella dell’Agricoltura. Solo in quel caso, molto probabilmente, Salvini potrebbe dire ai suoi di chiudere un occhio e votare a favore della Commissione. Una von der Leyen val bene un Giorgetti o un Centinaio.