Ce l’ha fatta. Dopo aver paralizzato per due settimane il lavoro di otto consigli regionali e aver incrinato ulteriormente i rapporti con l’alleato Silvio Berlusconi, ieri Matteo Salvini ha presentato in Cassazione il ricorso per cambiare la legge elettorale, sperando con un referendum di abolire la componente proporzionale contenuta nel Rosatellum. Un’iniziativa portata avanti soprattutto dall’ex ministro Roberto Calderoli, lo stesso che definì la legge elettorale che proprio lui aveva messo a punto una porcata, e da lì Porcellum, e che ora definisce la nuova norma Popolarellum, perché “a decidere sarà il popolo”. La battaglia leghista sembra però soltanto l’ennesimo spot del Carroccio, visto che i giallorossi già stanno lavorando a una nuova legge elettorale e che il Parlamento potrebbe quindi approvare la nuova norma prima che con un referendum si decida l’eventuale modifica di quella attuale.
LE TAPPE. Salvini ha lanciato la proposta di un referendum abrogativo della parte proporzionale del Rosatellum, lasciando così solo la parte maggioritaria, il 14 settembre scorso, in occasione dell’assemblea degli amministratori locali leghisti e del centrodestra, a Milano. Poi la battaglia nelle Regioni, con Berlusconi contrario all’iniziativa, ma che alla fine ha dovuto soccombere davanti ai troppi azzurri che ormai rispondono alle sirene di via Bellerio anziché a quelle di Arcore. Ottenuto poi il via libera dai consigli regionali del Piemonte, della Liguria, Lombardia, del Veneto, del Friuli, dell’Abruzzo, della Basilicata e della Sardegna, ieri Calderoli ha presentato il quesito alla Corte di Cassazione. “Con una legge elettorale completamente maggioritaria si impediranno le nascite di governi come l’attuale – ha sostenuto l’ex ministro – che mettono insieme minoranze che vanno a fare una maggioranza di palazzo. Non temo rifiuti dalla Corte Costituzionale. Sarà l’elettore sceglie chi andrà a governare e chi perde andrà all’opposizione”.
RISCHIO FLOP. Il referendum potrebbe svolgersi in primavera. Ma i giallorossi, dopo l’intesa sul taglio dei parlamentari, come richiesto subito dal Pd, già stanno lavorando a una nuova legge elettorale. E in tal caso l’iniziativa leghista diventerebbe un flop. Potrebbe infatti far prima il Parlamento ad approvare la nuova norma che il referendum a decidere su quella vecchia. “Ho invocato i forconi se qualcuno all’ultimo momento dovesse fare la furbizia, cambiando la legge per non fare il referendum”, ha tuonato sempre Calderoli. Ma il richio è più che concreto. Tanto che sempre i giallorossi stanno discutendo se accelerare su un sistema proporzionale, proprio per stoppare le manovre leghiste, o se invece aprire un confronto sul doppio turno nazionale, anche se presupporrebbe un’alleanza tra le due forze politiche che sostengono l’esecutivo. Senza contare che lo stesso Berlusconi continua a prendere le distanze dal referendum: “Gli italiani non vivono di legge elettorale”.