Da un lato dicono di voler andare alle elezioni, dall’altro restano ancorati alle poltrone. Insomma quel che è certo è che i leghisti non mollano… gli incarichi. Tanto più se si tratta di ruoli chiave come le undici presidenze di commissione in mano al Carroccio e che ora, quasi fossero un abito adatto per ogni occasione, potrebbero servire pure a creare grattacapi all’eventuale Conte bis. E poco importa se ciò comporterà una paralisi nei percorsi parlamentari di approvazione delle leggi dell’eventuale maggioranza M5S-Pd e quindi un danno per il Paese intero e tutti i suoi cittadini.
A scanso di equivoci, il rimanere ancorati ad una sedia al motto del costi quel che costi non è qualcosa di illegale, per quanto eticamente deprecabile, perché fa parte delle dinamiche della nostra democrazia. Però in questa vicenda a stonare è il tentativo, a dir poco grottesco, di far passare l’idea che tale mossa politica che ha il sapore amaro della ripicca, sia stata provocata da altri. Eppure ieri il presidente della commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, ha provato proprio a spingere su questo tasto tuonando: “Dovevano pensarci prima di fare il ribaltone”. Un punto di vista e in quanto tale sacrosanto e da accettare.
CRISI DI IDEE. Ma a questo punto ci sarebbe da chiedersi come mai si sia arrivati a tanto e allora la risposta non può che essere legata alla crisi di governo voluta dalla Lega e più precisamente dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che, nonostante avesse avuto mesi per staccare la spina all’esecutivo del cambiamento, aveva deciso di farlo proprio nel momento sbagliato ossia durante l’estate. Una scelta di tempi errata e non per il gran caldo o per le ferie di tutti, politici inclusi, come qualcuno nella Lega aveva sbandierato, ma per ragioni ben più pragmatiche quali la necessità di avere un governo in carica capace di disinnescare l’aumento dell’Iva e di contrattare con l’Ue in materia di bilancio.
CAMBIO DI GUARDIA. Risolvere lo stallo che potrebbe attanagliare il Paese per via della composizione delle commissioni non sarà affatto facile. Esse, infatti, vengono rinnovate ogni due anni e per prassi a metà legislatura. Conti alla mano se ne deduce che i vertici di questi vitali organismi parlamentari, a cui è demandata la preparazione della gran parte dei testi di legge che poi finiscono nelle Aule, resterà immutata per svariati mesi. Infatti qualora nascesse il Conte bis, nel migliore dei casi un cambio sarà possibile a giugno 2020 mentre nella peggiore delle ipotesi a novembre 2020. Ad aggravare il tutto anche il fatto che nelle mani della Lega non resterebbero commissioni di secondo piano, anzi quelle in loro possesso sono quasi tutte in settori vitali dello Stato come quella dei Trasporti della Camera presieduta da Alessandro Morelli o quella Finanze e Tesoro presieduta da Alberto Bagnai, quest’ultimo economista e profondo euroscettico.