La guerra in Ucraina ha le prime ricadute sugli arrivi di gas russo all’Europa. Ma questa volta non sarebbe una questione di ritorsione di Mosca per via delle sanzioni. Lo stop è stato deciso dal gestore del sistema di trasporto del gas ucraino Gtsou, che ha fatto sapere di dover sospendere i flussi in entrata dal punto di ingresso di Sokhranivka per effetto delle “azioni delle forze di occupazione russe”.
Il gestore del sistema di trasporto del gas ucraino Gtsou ha sospeso i flussi
“L’Ucraina non è più responsabile del trasporto del gas russo attraverso i territori ucraini sotto occupazione militare russa: si tratta di un terzo del volume totale del transito di gas verso l’Europa”, fa sapere Naftogaz, la compagnia ucraina che gestisce i gasdotti d’interconnessione tra la Russia e l’Europa.
Naftogaz ha inviato una lettera a Gazprom nella quale ha informato delle circostanze di “forza maggiore che rendono impossibile continuare il trasporto di gas attraverso il valico di Sokhranivka e la stazione di compressione Novopskov, che si trovano nel territorio occupato dai militari russi”.
A Gazprom è stato offerto di trasferire i relativi volumi di transito al punto di interconnessione di Sudzha, che si trova nel territorio controllato dall’Ucraina. Ma Gazprom sostiene che l’Ucraina ha lasciato un solo punto d’ingresso per il transito del gas russo in Europa e che questo sta minando la sicurezza delle forniture di gas.
Gli effetti si stanno facendo sentire: le forniture allo snodo italiano di Tarvisio sono diminuite del 30%, anche se il calo è per ora compensato dall’aumento delle importazioni attraverso altri punti di ingresso. Il sistema italiano per ora dunque non registra rallentamenti negli arrivi “grazie all’interconnessione delle reti e alla diversificazione delle fonti di importazione”, fa sapere Snam.
Dai dati pubblicati in tempo reale sul suo sito risulta che i flussi a Tarvisio sono in diminuzione rispetto a martedì: nel pomeriggio 1,5 milioni di metri cubi standard all’ora contro i 2,2 di martedì e i 2,8 di lunedì. Ma sono in parte compensati da un maggior afflusso a Passo Gries (da Norvegia e Paesi Bassi), dove stanno arrivando 2,1 milioni di metri cubi all’ora a fronte degli 1,5 di martedì mattina, e a Mazara del Vallo (dall’Algeria, 2,8 MSm3 contro 2,6). Dunque la domanda al momento è soddisfatta e proseguono anche le iniezioni di gas in stoccaggio.
Il Mite assicura che i flussi di gas rimangono regolari. I prezzi nei primi scambi ad Amsterdam, piazza di riferimento per l’Europa, hanno superato i 100 euro al megawattora toccando i 103, in aumento del 4% rispetto alla chiusura di martedì. Poi hanno ripiegato e chiuso a 94 euro.
L’Ue prova ad accelerare per rendersi indipendente dal gas di Mosca. Bruxelles prevede investimenti extra di 195 miliardi di euro da qui al 2027 per il piano RePowerEu, scrive il Financial Times. Secondo una prima bozza del pacchetto che verrà presentato la prossima settimana (il 18 maggio), l’obiettivo è “ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi accelerando la transizione pulita e unendo le forze per ottenere un sistema energetico più resiliente e una vera Unione dell’energia”.
L’Ue, scrive il Ft, prevede di aumentare il target di energia pulita nel mix al 45% entro il 2030, invece dell’obiettivo attuale del 40%. Nei documenti preparati da Bruxelles, che potrebbero ancora subire modifiche, l’obiettivo per la riduzione dei consumi entro il 2030 viene portato dal 9 al 13%. e viene delineata una strategia finalizzata a procedere molto più velocemente nella realizzazione di impianti fotovoltaici – la cui potenza dovrebbero raddoppiare entro il 2028 – ed eolici.
Il sesto pacchetto di sanzioni intanto continua a dividere l’Europa e l’Ungheria, con il passare delle ore, sull’embargo al petrolio continua ad alzare la posta. In un video su Facebook, mentre a Bruxelles erano riuniti gli ambasciatori dei 27 Paesi membri, il ministro degli Esteri magiaro Peter Szijjarto ha chiarito che Budapest darà via libera alle sanzioni solo se saranno esclusi i flussi di petrolio in arrivo attraverso gli oleodotti. Ovvero il petrolio che dalla Russia arriva all’Ungheria.