La guerra ha fatto bene ai conti e agli ascolti di La7. Il canale guidato da Andrea Salerno si è dimostrato ricettivo e capace in tutte le sue articolazioni di accogliere la sfida della pandemia e, forse ancora meglio, quella epocale della guerra.
La guerra in Ucraina su La7
Tutti i programmi di punta del network di Urbano Cairo hanno saputo ridefinire la programmazione con velocità, dinamismo e autorevolezza. Partendo dai vivaci talk della mattina, con Omnibus affidato a rotazione a Gaia Tortora, Alessandra Sardoni e Flavia Fratello, passando poi per Coffee Break di Andrea Pancani e L’aria che tira di Myrta Merlino, proseguendo col pomeridiano Tagadà con Tiziana Panella, ben coadiuvata da Alessio Orsingher e Luca Sappino, fino al programma più identificativo e brandizzante del canale, ovvero gli speciali di Enrico Mentana, per arrivare infine alla programmazione serale. Diciamo che il famoso detto “quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare” è perfettamente calzante per La7.
Chiaro che sul piano dell’identità di rete a dominare è stata la figura di Mentana, con la sua maratona rivisitata e riadattata ha perfettamente interpretato l’esigenza dei telespettatori: infatti, a distanza di 2 mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, il suo Speciale Tg La7 del tardo pomeriggio appare ancora tonico e con risultati d’ascolto assolutamente soddisfacenti.
Il successo di DiMartedì
Sul piano della programmazione serale a guadagnare di più è stato Giovanni Floris, ragazzo di bottega nato in Rai, con un percorso professionale ammirevole, lo ricordiamo corrispondente di Radio Rai dagli Stati Uniti e poi ha accolto l’impegnativa sfida di Ballarò in prima serata su Rai 3, in piena era berlusconiana, per poi approdare a La7 nel 2014. Il suo Dimartedì è passato con estrema disinvoltura dalle tematiche della pandemia a quelle della guerra, con la quale ha trovato una sua dimensione ancora più calzante, ancora più solida, ancora più autorevole. Azzeccato il parterre degli ospiti, importante la sinergia con gli inviati, sempre vivace e mai scontata la dialettica all’interno della trasmissione.
Non era certo un compito semplice, in quanto il tema guerra è meno contrappositivo rispetto al tema pandemia, alla fine è una questione tecnica e, per quanto l’Ucraina sia vicino a noi, con una crisi economica che sta mordendo il ceto medio e con tutte le difficoltà che stiamo attraversando come sistema Paese, non era facile trovare una chiave televisiva efficace che potesse fare bene anche agli ascolti. Ma Floris ci è riuscito e il suo talk è al primo posto nella top ten dei talk più visti durante la settimana, davanti ai colleghi Del Debbio, Formigli e Porro.
Sottolineiamo che il martedì sera la sfida televisiva è estremamente complessa e vede in lizza, oltre appunto a Dimartedì, format consolidati come Cartabianca e Fuori dal coro condotti da mostri sacri del calibro di Bianca Berlinguer, che è riuscita a proiettare il suo programma al centro dell’attenzione con il caso Orsini insidiando la leadership di Floris, e il sempreverde Mario Giordano, giornalista documentato e attento, con un parco inviate straordinario, che è sempre un osso duro da battere. Come detto Floris riesce comunque a mantenere un bacino di ascolto alto, come confermano i dati di OmnicomMediaGroup.
In questa stagione Dimartedì sta tenendo una media di quasi 1,2 milioni di spettatori con share vicino al 6%, leggermente superiore a quello dello scorso anno, anche per via del conflitto ucraino che ultimamente ha fatto balzare i gradimenti anche oltre il 7%. Il pubblico è prevalentemente maschile (6,5% share uomini vs 5,8% share donne) e over 65 (8,5%) ma con un fortissimo impatto sul target laureati (10,8% di share). A livello territoriale prevale il Centro-Nord, con picchi in Friuli (11% di share), Liguria (8,8%) e Valle d’Aosta (8,2%), mentre è più basso in Basilicata (3,3%), Campania (3,2%) e Molise (2,5%).