La Defence, Security, and Resilience (DSR) Bank nasce per colmare il divario finanziario che ostacola la difesa collettiva in Europa, garantendo liquidità ai produttori di armamenti. Tradotto: soldi pubblici per chi costruisce armi. L’iniziativa, promossa da Rob Murray, ex capo dell’innovazione della NATO, e sostenuta da figure di spicco come Lord Stuart Peach, parte con 100 miliardi di sterline garantiti dagli Stati azionisti. Emettendo obbligazioni con rating AAA, la banca riduce il costo del credito per l’industria della difesa, assicurando finanziamenti stabili, indipendentemente dai cicli politici ed economici. Perché la guerra, si sa, non conosce crisi.
Finanziamenti senza limiti per l’industria della guerra
Parallelamente, la Commissione europea sostiene ReArmEurope, un piano da 800 miliardi di euro per potenziare l’industria bellica. Per il sociale non si trovano soldi, per il riarmo sì. La proposta prevede l’esclusione delle spese militari dai vincoli di bilancio, mentre la Banca europea per gli investimenti valuta di togliere le ultime restrizioni sui finanziamenti alla difesa. Gli Stati Uniti restano il principale partner strategico: decidono loro, noi paghiamo. L’obiettivo è garantire una base finanziaria stabile per il riarmo europeo, riducendo la dipendenza dagli stanziamenti nazionali soggetti a limitazioni fiscali e politiche. L’Europa stringe la cinghia per la sanità, ma non per le munizioni.
Dal 2022, i Paesi Ue hanno aumentato il budget per la difesa di oltre il 30%. La Germania ha stanziato 1.000 miliardi di euro per armamenti e infrastrutture, ma senza un meccanismo di debito comune gli Stati devono arrangiarsi. Ecco che la DSR Bank interviene: facilita l’indebitamento e garantisce la stabilità della filiera industriale della difesa. Tradotto: si fanno debiti, ma almeno le fabbriche di armi dormono sonni tranquilli. Questo modello consente di aggirare le restrizioni di spesa senza modificare trattati o parametri fiscali. Un escamotage che rende il riarmo un pilastro dell’economia europea, piaccia o meno.
L’architettura della banca redistribuisce i fondi sotto forma di prestiti agevolati, riducendo il rischio per gli investitori privati. Insomma, un affare d’oro per chi scommette sulla guerra. Il Parlamento europeo valuta una revisione delle politiche di coesione, ipotizzando la riallocazione di fondi destinati allo sviluppo sociale verso il settore militare. Via il welfare, avanti gli arsenali. La spesa per la difesa viene sempre più presentata come un volano per la crescita e l’occupazione. L’Ue, che fatica a reperire risorse per welfare e transizione ecologica, scopre improvvisamente che i soldi ci sono: basta destinarli ai proiettili. La DSR Bank si inserisce in questo quadro, consolidando un’infrastruttura finanziaria stabile per il settore militare. L’obiettivo dichiarato è garantire sicurezza e deterrenza, ma il modello economico che ne deriva trasforma il riarmo in un fenomeno permanente, indipendente dalle necessità geopolitiche. Perché il problema non è più “se” ci sarà una guerra, ma solo “quando”.
L’industria della difesa come nuova frontiera della finanza
L’allineamento tra il settore finanziario e l’industria della difesa è sempre più evidente. Gli investitori vedono nella produzione di armamenti una garanzia di rendimenti sicuri, mentre i governi favoriscono l’integrazione tra capitale privato e strategia di sicurezza. Le banche finanziano le bombe, i governi si adeguano. Il riarmo non è più solo un imperativo strategico, ma un’opportunità di investimento a basso rischio, alimentata da fondi pubblici e agevolazioni normative. Se la pace non fa profitto, tanto vale armarsi.
L’industria della difesa ottiene finanziamenti certi, mentre altri settori restano soggetti ai vincoli di bilancio. I soldi per la scuola o la sanità si trovano “se ci sono le risorse”, per la guerra invece si creano. L’accesso ai capitali privati diventa un pilastro della nuova strategia, rendendo il settore militare autonomo rispetto ai cicli politici e fiscali. Le aziende della difesa possono così pianificare investimenti di lungo periodo, costruendo un’infrastruttura produttiva sempre più scollegata dalle dinamiche di bilancio nazionali.
La domanda di armamenti cresce, altre economie si adeguano, la finanza e l’industria della difesa si fondono. Il settore bellico diventa parte integrante dei mercati finanziari globali, con conseguenze di lungo periodo sulle economie nazionali. La DSR Bank normalizza la spesa bellica e trasforma il riarmo in una costante della politica economica europea. Il rischio più grande? Che il riarmo, una volta reso economicamente sostenibile e finanziariamente conveniente, diventi un pilastro dell’economia occidentale. E a quel punto, chi vorrà mai rinunciarci?