Più che un’intervista un cahiers de doléances. Ne ha per tutti il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che affida a quattro pagine su La Stampa una sequela di lamentele e lagnanze varie. Soluzioni zero, naturalmente, se non fosse per le due righe in cui il numero uno di Viale dell’Astronomia parla di “un Grande Patto per l’Italia” a cui lavorare con “spirito di coesione” perchè siamo tutti sulla stessa barca”. Concetti profondi ed articolati, insomma. Patto che peraltro dovrebbe basarsi sulle “riforme strutturali”, altro termine abusato che riecheggia da illo tempore nelle formule di quelli che sanno tutto ma non fanno mai nulla.
Riforme che, per inciso, sono poi anche quelle che ci chiede la Commissione europea in accordo con le Raccomandazioni specifiche per Paese formulate a fine maggio a fronte dello stanziamento dei miliardi del Recovery Fund (209 per la precisione) ma per Bonomi sono tutti al mare, nessuno fa nulla mentre lui sta al chiodo. “Avremmo dovuto usare l’estate per fare i compiti a casa, cogliendo la grande occasione del Recovery Fund, e non l’abbiamo fatto”, afferma. Evidentemente gli sfugge il fatto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (ah, ma allora c’è già un piano?) a cui sta lavorando il Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (Ciae) coordinato dal ministro per le Politiche Europee Vincenzo Amendola con la supervisione dello stesso premier Conte, vada presentato alla Commissione Ue entro metà ottobre e che tutti i ministeri, il comitato interregionale, l’Anci e tutte le categorie interessate stanno elaborando proposte di interventi da inserirvi.
Ma per il presidente di Confindustria è tutto fermo e le sue affermazioni sono perentorie: non solo la stesura del piano di riforme ma, a suo dire, il governo è immobile su tutto. Mancherebbero i decreti attuativi delle misure anti-crisi, i 100 miliardi di euro stanziati con il decreto agosto per il sostegno all’economia sarebbero “un timido segnale” e i giallorossi sarebbero pure impreparati all’emergenza sanitaria che si starebbe profilando. “Anche su quel fronte ci avevano detto che avrebbero presentato progetti per attivare i prestiti del Mes: tutto fermo”. Eccoci qua, il fondo salva Stati come panacea di tutti i mali, ma del resto non è una novità, i capisaldi del Bonomi-pensiero sono noti: soldi alle imprese e attacchi ai sindacati che chiedono il rinnovo dei contratti con aumenti dello stipendio, Stato regolatore e non gestore, rischio di isolarsi in Europa per il rifiuto del Mes.
Non manca poi un bell’attacco anche al presidente deell’Inps Pasquale Tridico, reo di aver denunciato i furbetti della Cig, cioè le imprese che ne avrebbero usufruito senza averne diritto. Ma la vera ossessione di Bonomi rimane il governo, accusato da mesi di avere un “sentimento anti impresa” e di essere scollegato dai “bisogni del Paese”. Dal primo giorno del suo insediamento l’ostilità nei confronti dell’esecutivo in carica è stata palese, con affermazioni talvolta smentite non solo dai fatti ma persino dal suo vice, come nel caso del fondo di garanzia per l’emergenza Covid istituito con il Dl liquidità dello scorso 6 aprile.
“Il traguardo di un milione di domande conferma la grande utilità di uno strumento che in questi mesi ha rappresentato una risposta concreta ed efficace per le imprese che si sono trovate a fronteggiare un’emergenza di liquidità senza precedenti”, aveva infatti commentato Emanuele Orsini, vice presidente di Confindustria con delega al credito, alla finanza e al fisco mentre Bonomi lanciava i soliti strali contro quelli che ama definire “sussidi a pioggia”.