di Stefano Sansonetti
Una giungla in cui riescono a convivere 13 tipologie formalmente diverse di prestazioni. Con il solito ginepraio di controlli che chiamano in causa più di un’amministrazione nella speranza che tutto proceda regolarmente. Già, la regolarità. Caratteristica che dovrebbe costituire il primo e unico obiettivo, se solo si considera che nel complesso queste erogazioni si portano via più di 5 miliardi di euro l’anno. Benvenuti nel caleidoscopico mondo della prestazioni erogate dall’Inail, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dal 2012 guidato da Massimo De Felice. Alla struttura è dedicato un corposo capitolo del dossier sul ministero del lavoro, uno dei tanti messi a punto dall’allora commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, e pubblicati di recente. Dopo la Farnesina, La Notizia dedica proprio all’Inail la seconda tappa del “viaggio” all’interno dei rapporti predisposti nel corso del 2014 (nel caso dell’Inail tutti i dati di spesa relativi al 2013 riguardano il “preconsuntivo”).
I DETTAGLI
Come è possibile gestire in modo virtuoso la bellezza di 13 prestazioni (sulla carta) diverse? La questione non viene espressamente posta all’interno del dossier, ma dalla carrellata che ne fa l’ex commissario la domanda viene automaticamente. La magna pars della spesa è prodotta dalla “rendita diretta”, che indennizza la diminuita capacità lavorativa a seguito di infortuni o malattie professionali. Dai 3 miliardi e 251 milioni del 2011 si è passati ai 3 miliardi e 362 milioni e ai 3 miliardi e 343 milioni del 2013 (ultimo anno preso in considerazione dal dossier). Al secondo posto, a livello di costi, troviamo la “rendita a superstite”, in pratica un sostegno economico ai superstiti dei lavoratori deceduti a seguito di infortunio sul lavoro. In questo caso da 1 miliardo e 238 milioni del 2011, si è passati a 1 miliardo 290 milioni nel 2012 per finire a 1 miliardo e 289 milioni del 2013. Sgomberiamo il campo da ogni possibile equivoco: si tratta di prestazioni fondamentali e ineliminabili. La vera questione, come emerge dal lavoro del gruppo Cottarelli, riguarda l’efficacia dei controlli relativi ai presupposti per la concessione e per il mantenimento di uno spettro così “polverizzato” di assegni. Per non parlare della fase di calcolo dell’entità economica delle medesime prestazioni, che non può prescindere da un sistema informatico adeguato. Su questi punti i rimandi legislativi sono a dir poco numerosi. Poi ci sono quelle prestazioni meno conosciute.
GLI ALTRI
Per esempio l’“assegno funerario”, ossia la “prestazione economica non soggetta a tassazione Irpef erogata una tantum per contribuire a fronteggiare le spese sostenute in occasione della morte del lavoratore” (5,5 milioni nel 2011, 4,9 milioni nel 2012, 5,2 milioni nel 2013). C’è lo “speciale assegno continuativo mensile”, finalizzato a sostenere i superstiti “di lavoratori titolari di rendita diretta deceduti per cause non dipendenti dall’infortunio sul lavoro” (10,8 milioni nel 2011, 11,4 milioni nel 2012 e 12,5 milioni nel 2013). Seguono, tra gli altri, il “rimborso spese viaggio e soggiorno per cure idrofangotermali e soggiorni climatici (5 milioni nel 2013), l’“assegno di incollocabilità” (10 milioni nel 2013), l’“erogazione integrativa di fine anno” (253 mila euro), il “brevetto e distintivo d’onore” (163 mila euro). Il conto finale di tutte e 13 i tipi di prestazioni parla di 5 miliardi e 786 milioni nel 2011, 5 miliardi e 740 milioni nel 2012 e 5 miliardi e 628 milioni nel 2013 (preconsuntivo). Sulle prospettive, a differenza di altri report, il gruppo Cottarelli non formula proposte particolari. Ma offre uno spaccato della varietà di assegni, della monumentale normativa concernente i requisiti e delle incredibili sovrapposizioni di controlli. Come dire: un fantastico brodo di coltura per i furbi, a scapito di chi veramente ha il sacrosanto diritto di incassare i sostegni. Non sarà il caso di disboscare anche questa giungla?
Twitter: @SSansonetti