Probabilmente qualcuno ancora ricorda il grido quasi titanico di Matteo Renzi appena dopo il suo insediamento a Palazzo Chigi. “Istruzione, istruzione, istruzione”, aveva assicurato il premier. Non contento, è tornato alla carica più e più volte. Ultima puntata: il 26 marzo scorso, con una lettera a Repubblica, in cui Renzi assicurava più fondi e più cattedre, tanto da tranquillizzare quei monelli di ricercatori sempre in protesta. Per il premier e la sua squadra, meglio star tranquilli: i soldi ci saranno.
IL DECRETO BEFFARDO – Peccato, però, che a conti fatti i tanti annunci e strombazzamenti vari sanno di beffa e presa in giro. Questo è quello che inevitabilmente vien da pensare andando a sfogliare il decreto del Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, del 6 luglio, in cui ritroviamo i criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) per l’anno 2016. Il conto totale parla di una previsione di spesa pari a quasi 7 miliardi. Per la precisione: 6.919.317 euro. Ed è qui che, inevitabilmente, arriva la denuncia degli studenti. Stando infatti a quanto dimostrato – tabelle alla mano – dall’Udu (Unione degli Universitari), il fondo – contrariamente ai tanti annunci – è stato tagliato di ben 4 milioni di euro. Si passa, infatti, dai 6.923 miliardi del 2015 ai ricordati 6.919. Ma c’è di più. Andando ad esaminare voce per voce, emerge che per alcuni capitoli di spesa il finanziamento aumenta. Così è, ad esempio, per la quota premiale: ben 115 milioni in più per gli atenei “meritevoli”. Si dirà: si spera però che la quota base (dunque il fondo “standard” garantito a tutte le università pubbliche) sia mantenuto alto. E invece niente. Qui il taglio è a dir poco clamoroso: si registra una perdita di ben 184 milioni di euro (si passa da 4.910.393.516 euro del 2015 a 4.725.922.155 di quest’anno). Il rischio, a questo punto, è più che concreto: gli atenei in difficoltà continueranno ad annaspare e chi invece naviga in discrete acque, continuerà a farlo. Insomma, lo squilibrio tra atenei invece che essere colmato, sarà ancora più netto.
DI MALE IN PEGGIO – Ma non finisce qui. Secondo quanto denunciato da Jacopo Dionisio, coordinatore dell’Udu, “quando la bozza del decreto era iniziata a circolare, avevamo già espresso le nostre forti criticità”. Ma il Governo ha deciso di girarsi dall’altra parte. E poi dare anche il ben servito. In che senso? Semplice: tagliando il fondo. Secondo quanto denunciato ancora dall’Udu, infatti, il decreto ministeriale fa registrare una decurtazione che non c’era nella bozza di riparto fatta circolare a maggio, e su cui altri organi nazioni nazionali, come il Cun (Consiglio Universitario Nazionale) avevano espresso il proprio parere. Insomma, cornuti e mazziati. E così il conto finale è da mani nei capelli: dal 2009, facendo un calcolo complessivo, all’università pubblica sono stati tagliati 800 milioni. Per dire quanto tiene all’Istruzione questo Governo.