Il reato universale di gestazione per altri (gpa), trasformato in legge tra l’entusiasmo della maggioranza, è inapplicabile non solo per la sua inconsistenza giuridica ma per l’assurdità logica che lo sorregge. L’Italia ha deciso, da sola, che una pratica perfettamente legale in molti Paesi debba essere trattata come un crimine globale, ignorando il principio di doppia incriminazione che governa il diritto penale internazionale. Questo principio stabilisce che un reato può essere perseguito in Italia solo se è considerato tale anche nel Paese in cui è stato commesso. Ma qui, con la gpa, si fa finta che questo ostacolo non esista.
Un reato senza giustizia: la farsa della doppia incriminazione
Non basta l’enfasi politica di definire “universale” un reato perché diventi realmente tale. La giurisdizione universale, quella vera, riguarda crimini di tale gravità che l’intera comunità internazionale li riconosce e li persegue congiuntamente: genocidio, terrorismo, tortura. Crimini che oltraggiano l’umanità. Ma come si può paragonare la gestazione per altri, legale e regolamentata in Paesi come il Canada, la Gran Bretagna e il Portogallo, a questi orrori? È una forzatura ideologica che non trova alcuna giustificazione giuridica.
In pratica, questa legge richiederebbe la collaborazione di Stati esteri per raccogliere prove e per dare seguito a processi penali contro cittadini italiani che hanno fatto ricorso alla gpa in quei Paesi. Ma quale Stato collaborerà mai a un’inchiesta su una pratica che considera legittima e protetta dalla propria legislazione? Sarebbe come chiedere all’Olanda di processare chi utilizza legalmente la cannabis entro i confini di Amsterdam per poi punirlo al rientro in Italia.
E qui emerge il vero cuore del problema: questa legge non può funzionare perché non ci sono gli strumenti per farla rispettare. Il professor Gian Luigi Gatta lo ha spiegato chiaramente: senza la cooperazione degli Stati dove la gpa è legale, qualsiasi tentativo di perseguire chi la pratica all’estero è destinato a fallire. Si parla di rogatorie internazionali, di indagini che dovrebbero coinvolgere Paesi che non condividono questa criminalizzazione. È una battaglia che l’Italia ha scelto di combattere da sola, senza alleati, in un mondo dove la gestazione per altri è vista in modo molto diverso.
Ma non è solo questo. La legge non tiene conto nemmeno delle persone più vulnerabili: i bambini. Cosa accadrà ai figli nati da gpa? Come saranno trattati quando i loro genitori torneranno in Italia? Saranno considerati, per assurdo, “frutto di un reato”, pur non avendo alcun ruolo nelle decisioni che li hanno portati al mondo. Questa è una delle preoccupazioni sollevate da Filomena Gallo e dall’Associazione Luca Coscioni: lo stigma che questa legge impone sui bambini nati attraverso una pratica che, nel Paese di nascita, è legale.
Lo stigma dei bambini: quando la legge colpisce gli innocenti
La verità è che questa norma non è stata scritta per essere applicata ma per essere sventolata. È un simbolo ideologico, un’arma politica che non ha lo scopo di proteggere o di regolare ma di punire e discriminare. Il governo italiano sa perfettamente che i tribunali, nazionali e internazionali, impugneranno questa legge ma nel frattempo il messaggio politico sarà arrivato forte e chiaro: il controllo sui corpi delle donne, la criminalizzazione delle famiglie arcobaleno, la riaffermazione di un modello di famiglia che non accetta deviazioni dalla norma.
La legge sul reato universale di gestazione per altri non è solo inapplicabile, è un errore consapevole. Un errore costruito ad arte per fare propaganda, sapendo bene che non avrà mai un vero impatto legale. Nel frattempo, però, alimenterà la discriminazione e rafforzerà un clima di paura e di divisione. Questo è l’unico effetto reale di una legge nata per non funzionare.