La Germania traina l’Europa verso il riarmo

La Germania apre la strada all’Europa della guerra: 1000 miliardi per armi, leva obbligatoria e un futuro scritto nel ferro e nel fuoco.

La Germania traina l’Europa verso il riarmo

La Germania ha ufficialmente voltato pagina. Dopo anni di austerità imposta con il rigore di un dogma, dopo le mani strette attorno al collo della Grecia e dei paesi mediterranei etichettati come cicale d’Europa, Berlino ha deciso che il tempo del sacrificio è finito. Ma non per costruire un futuro equo e sostenibile: no, il nuovo piano da 1000 miliardi di euro non finanzierà politiche sociali, non rilancerà il welfare. Servirà per riarmare il paese, con un’iniezione di spesa militare che è la dichiarazione di intenti di un’Europa che non si prepara alla pace, ma alla guerra.

Il freno al debito cancellato per alimentare l’industria bellica

Il Bundestag ha già dato il via libera a una riforma che, di fatto, elimina il “freno al debito”, quell’obbligo di pareggio di bilancio che per anni è stato il vessillo dell’ortodossia finanziaria tedesca. Ieri era un dogma, oggi è carta straccia. Perché? Perché l’Europa deve essere pronta a combattere, perché l’industria della difesa è il nuovo motore dell’economia continentale. È la stessa Ursula von der Leyen a dirlo, con il suo tono asettico da tecnocrate: l’Europa deve prepararsi alla guerra.

A chi servono allora i nuovi fondi? Una parte sarà destinata a infrastrutture, sì, ma con una logica precisa: garantire una mobilità efficiente per l’apparato militare. Strade, ferrovie, aeroporti: tutto sarà potenziato per favorire i movimenti delle truppe. Il resto del pacchetto? Difesa, forniture belliche per l’Ucraina, sicurezza informatica. La Bundeswehr diventerà una delle forze armate più potenti al mondo, come ha detto il ministro della Difesa uscente. Per sostenere questo apparato, Berlino ha destinato 500 miliardi di euro in 12 anni solo alle infrastrutture, con una quota non specificata ma rilevante che sarà impiegata direttamente per scopi militari, come il controllo logistico di porti, autostrade e ferrovie. Inoltre, la spesa per la difesa potrà superare l’1% del PIL senza essere conteggiata come eccedente.

Il ritorno della leva obbligatoria: la Germania prepara il fronte

E per alimentare questa macchina servono soldati. Per questo tornerà la leva obbligatoria: un esercito giovane, pronto, addestrato. Il piano prevede che entro il 2025 sia introdotto un modello di servizio misto, sulla base del sistema svedese, che combina volontariato e obbligo di leva per colmare i vuoti di organico. Florian Hahn della CDU ha già annunciato che il ripristino della coscrizione è una priorità. Secondo il ministro della Difesa uscente, in caso di guerra il paese dovrebbe poter contare su almeno 460 mila soldati, di cui 260 mila riservisti. Non a caso, tutti i riservisti sopra i 50 anni saranno obbligati a un nuovo addestramento a partire da quest’anno.

E l’obiezione di coscienza? Non è contemplata. La Corte Federale di Giustizia tedesca ha stabilito che un uomo ucraino rifugiatosi in Germania per non servire nell’esercito di Kiev può essere deportato. Il messaggio è chiaro: se la guerra chiama, nessuno può tirarsi indietro. Una sentenza che non riguarda solo gli ucraini. È il modello di società che si sta disegnando: chi si oppone viene schiacciato.

Questo è il futuro dell’Europa, un’Europa che cambia pelle, che smette di nascondersi dietro il linguaggio paludato delle “missioni di pace” e si struttura come un continente armato, pronto a un conflitto che viene ormai considerato inevitabile. Friedrich Merz, il nuovo cancelliere, non fa mistero della sua ambizione di rendere la Germania un baluardo contro ogni possibile minaccia. Il piano di riforma è stato approvato da un parlamento uscente, delegittimato dalle ultime elezioni, evitando così il rischio di un voto contrario nel nuovo Bundestag. La manovra, inoltre, è stata resa possibile grazie all’appoggio decisivo dei Verdi, che hanno ottenuto in cambio un pacchetto di investimenti per la riconversione energetica da 100 miliardi di euro.

E mentre si rimpinguano le casse dell’industria bellica, il tessuto sociale si sfilaccia. Qualcuno dirà che questa è la svolta necessaria per mantenere l’equilibrio globale. Ma la verità è che l’Europa si sta trasformando in qualcosa che i suoi stessi cittadini non riconoscono più.

Per Giorgia Meloni e gli altri leader che ancora parlano di sviluppo, di rilancio economico, di sicurezza nazionale, questa è la smentita definitiva: il ReArm Europe non è un’opportunità, non è un piano di crescita, è solo la formalizzazione dell’economia di guerra. Si produce per combattere, si investe per armarsi, si cresce alimentando il prossimo conflitto. E l’Italia? L’Italia si accoderà, come sempre, senza interrogarsi su quale sia la direzione giusta, con un governo che continuerà a fingere di non vedere il disegno complessivo.

Chi aveva ancora dubbi li metta da parte: la Germania si è apparecchiata alla guerra, e con lei l’intera Unione europea. L’illusione della pace perpetua è finita, e al suo posto resta solo la corsa agli armamenti. Il resto è propaganda.