E menomale che per il ministro Roberto Cingolani “dopo quello che è successo al Nord Stream si è rinforzata l’idea di un’Europa unita che deve dare una risposta chiara”. Perché a noi non sembra affatto che quella emersa ieri dal Consiglio Ue dei ministri dell’Energia sia l’immagine di un’Europa compatta pronta a fornire soluzioni comuni per contrastare il caro-energia. Tutt’altro.
Salta il tetto al prezzo del gas. Il summit dei ministri dell’Energia dell’Ue si è rivelato un ennesimo buco nell’acqua
La questione principe – quella di un tetto al prezzo del gas tout court e non solo limitato a quello russo – continua a slittare di vertice in vertice. Adesso il tema è rinviato al prossimo Consiglio europeo che si terrà a Praga il 6 e 7 ottobre. Il summit di ieri si è rivelato un ennesimo buco nell’acqua.
Di buon mattino a gelare le aspettative di un gruppo di Stati membri, Italia in testa, sul price cap ci ha pensato Jozef Sikela, ministro dell’Industria della Repubblica Ceca, che detiene la presidenza di turno dell’Ue. “Il price cap al gas non è sul tavolo oggi”, ha dichiarato. “L’Ue deve trovare sul tetto al prezzo del gas una via che tutti i 27 Stati membri possano accettare”, ha spiegato la commissaria europea all’Energia, Kadri Simson.
A stretto giro da queste dichiarazioni emerge con evidente chiarezza che è la Germania ad aver eretto in Europa il muro più duro da abbattere sul tetto al prezzo del gas. Fonti diplomatiche europee fanno filtrare il no del governo tedesco. Non per “ragioni ideologiche”, ma perché è necessario “garantire la sicurezza degli approvvigionamenti” e con un tetto su tutte le importazioni “c’è un alto rischio che il Gnl vada verso l’Asia o altrove”.
Il rischio per Berlino, spiegano, è che il caro energia diventi “un problema ancora più grande” tagliando l’Europa fuori dalle forniture. E se a questo no si aggiunge la decisione di Berlino di fare da sola, con lo scudo attivato da 200 miliardi per calmierare i prezzi a famiglie e imprese tedesche, si capisce l’irritazione di molti Paesi, Italia in testa. Ma anche Parigi fa sapere che bisogna “creare solidarietà europea” intorno alle questioni energetiche.
Il governo tedesco prova a spegnere i focolai di malcontento: “La Germania introduce un freno al prezzo del gas e questo non ha nulla a che fare con il tetto al prezzo del gas”, afferma la portavoce del ministro dell’Economia. “Il governo tedesco è complessivamente pronto a collaborare con i governi dei paesi partner” e l’amicizia con l’Italia è “profonda” e “così resterà”, aggiunge il portavoce del cancelliere tedesco Olaf Scholz (nella foto).
E anche Cingolani smussa: con la Germania “non ci sono tensioni”. Il ministro della Transizione ecologica italiano non perde l’ottimismo. E annuncia che prima del vertice di Praga ci sarà una proposta” (l’ennesima) dai principali paesi energivori alla Commissione. Più che ‘price cap’, ha poi aggiunto il ministro, lo strumento su cui si lavora è un “tetto con forchetta”: “Bisogna realizzare e trovare un range tra un minimo e un massimo in cui ci possa sempre essere una variazione”.
Al termine del consiglio frena ancora una volta la Simson: l’introduzione di “un tetto al prezzo del gas all’ingrosso è un’opzione legittima, ma richiede un intervento radicale sul mercato, che comporta diverse condizioni non negoziabili che dovranno essere attuate prima che entri in funzione”.
I ministri europei trovano invece l’accordo sulle altre misure dal taglio dei consumi agli extraprofitti
Quindi tempo al tempo. I ministri Ue dell’Energia hanno raggiunto invece un accordo politico sulle altre misure: taglio dei consumi, tetto agli extra-ricavi per i produttori di energia elettrica e il contributo di solidarietà dei produttori di combustibili fossili. Per il taglio ai consumi si prevede sia del 10% della domanda di elettricità, con una quota del 5% nelle ore di punta, tra dicembre e marzo 2023.
Sugli extra-ricavi si prevede un tetto di 180 euro a megawatt per le grandi compagnie energetiche che producono elettricità da fonti a basso costo come rinnovabili, nucleare e carbone. Le compagnie dell’oil&gas dovrebbero poi versare una tassa sulla base dei profitti straordinari realizzati nel 2022, calcolati sulla base degli ultimi 4 anni a partire dal 2018.