La Germania al bivio delle elezioni con l’incognita dell’estrema destra

La Germania al voto tra crisi politica, ascesa della destra e incertezza sulle coalizioni: chi governa e chi rischia di scomparire

La Germania al bivio delle elezioni con l’incognita dell’estrema destra

Domenica la Germania vota, e questa volta l’incognita non è solo chi governerà, ma chi sopravvivrà politicamente. Il tracollo dell’Spd di Olaf Scholz e la crisi dei Verdi hanno aperto la strada a un ritorno della Cdu, ma il quadro è più instabile di quanto Friedrich Merz voglia far credere. La crisi economica, le tensioni sociali e il peso dell’estrema destra rendono questo voto un passaggio decisivo, non solo per Berlino ma per l’intera Unione europea.

Un ritorno dei conservatori? Forse

I sondaggi danno la Cdu/Csu in testa con circa il 30%, ma il problema non è vincere, è governare. Merz ha detto chiaramente di volere una coalizione a due, per evitare il caos delle geometrie variabili. Preferirebbe i liberali della Fdp, se superano la soglia di sbarramento del 5%. Ma la Fdp, dopo anni di partecipazione a governi deboli e impopolari, è crollata nei consensi e rischia l’irrilevanza.

L’alternativa sarebbero i Verdi, ma l’elettorato conservatore non digerirebbe una virata troppo ecologista. Il malcontento per le politiche ambientali, tra transizione energetica e costi per famiglie e imprese, ha eroso il consenso del partito, che oggi viaggia intorno al 15%. L’ultima opzione è la grande coalizione con l’Spd, che nessuno vuole ma che potrebbe diventare l’unica soluzione praticabile.

Scholz arriva a questo voto da sconfitto. Il suo governo è stato percepito come incerto, incapace di gestire crisi e instabilità. L’Spd è sceso sotto il 20%, un crollo che ricorda quello del Partito socialista francese o del Pd italiano nelle sue stagioni peggiori. Se dovesse reggere l’urto del voto, potrebbe ancora trattare. Altrimenti, rischia di finire risucchiato in un ruolo marginale.

AfD: il problema che tutti fingono di non vedere

L’elefante nella stanza è l’estrema destra di Alternativa per la Germania (AfD), stabile sopra il 20%. Gli altri partiti hanno giurato che non governeranno con loro, e Merz stesso ha chiuso ogni porta. Ma nei Länder orientali AfD è primo partito, e il peso politico della destra radicale è ormai strutturale.

Il vero timore è che AfD non sia solo una spina nel fianco, ma l’anticamera di uno spostamento complessivo dell’asse politico tedesco verso destra. La radicalizzazione del dibattito su immigrazione e sicurezza, con la Cdu che ha adottato toni più duri, è già un segnale. Il confine tra il conservatorismo e il nazionalismo si fa più sottile, e AfD prospera proprio in questa ambiguità.

Non è un caso che negli ultimi mesi ci siano state proteste contro l’estrema destra in tutta la Germania, con migliaia di persone scese in piazza. Ma il voto dirà se la mobilitazione ha fermato l’onda o se il malcontento sociale ha alimentato la retorica anti-sistema di AfD.

La mina Wagenknecht

C’è poi la variabile Sahra Wagenknecht, ex Die Linke, ora leader della sua Alleanza (BSW). Un partito nato da pochi mesi, ma che i sondaggi danno intorno al 7%. Wagenknecht pesca voti sia a sinistra che nella base di AfD, con un programma che mescola populismo economico e rigore sull’immigrazione. Un pezzo di elettorato tradizionale della sinistra, deluso dalla deriva dell’Spd e dal crollo di Die Linke, potrebbe spostarsi su di lei.

Se BSW otterrà un risultato solido, il quadro delle alleanze potrebbe complicarsi ulteriormente. Die Linke è dato sotto il 5%, e se non entrerà in Parlamento sarà una fine politica che rafforzerà Wagenknecht. Il suo obiettivo è chiaro: diventare il punto di riferimento della sinistra radicale, ma senza gli slogan tradizionali. Una sinistra che parla di salari e industria, più che di diritti civili.

Un voto che decide tutto

Le elezioni di domenica non diranno solo chi governa la Germania, ma quale Germania emergerà dalla crisi del governo Scholz. Una destra più radicale, un centrodestra in cerca di equilibrio, una sinistra in frantumi e partiti minori che rischiano la scomparsa.

Alla fine, chi vince governa, chi perde scompare.