La fronda prepara l’agguato sulle riforme

Di Lapo Mazzei

Misteri della politica. Mentre i dissidenti di entrambi gli schieramenti vanno confermando il loro voto contrario alla riforma del Senato, così come si va delineando, potrebbe essere proprio il governo a frenare il percorso delle riforme costituzionali. Un paradosso che potrebbe trasformarsi in realtà, facendo finire su un binario morto il decreto che porta il nome del ministro Boschi., in attesa di ritrovare una linea libera per arrivare a destinazione. Eppure è proprio questo lo scenario che si va delineando al Senato dove quest’oggi è in programma una riunione dei capigruppo per decidere l’organizzazione dei lavori d’Aula, visto l’ingorgo di decreti legge. E oggi c’è pure lo streaming con i 5 Stelle.

L’ostruzionismo
A complicare ulteriormente la situazione l’ostruzionismo degli oltre 7 mila emendamenti (circa 6 mila soltanto da Sel) al ddl Boschi, che doveva essere approvato in aula già questa settimana e che ora rischia di rallentare il suo percorso di almeno due settimane. Un ulteriore stop rispetto alla tabella di marcia immaginata dal premier Matteo Renzi con il suo famoso calendario squadernato durante gli incontri con le forze parlamentari. Procediamo con ordine dunque. L’aula di Palazzo Madama è ancora ferma alla discussione generale sulle Riforme che potrebbe aveve un accelerazione quest’oggi. Ma se anche ciò dovesse avvenire non si procederà oltre perché da oggi pomeriggio, e per tutto venerdì, il Senato sarà impegnato con la prima conferenza parlamentare del semestre Europeo. Quanto alla mole di emendamenti al ddl Boschi, al momento risultano 7.830. Il numero definitivo, però, lo sapremo soltanto oggi. Gli Uffici del Senato, a ieri sera, non avevano ancora terminato la fascicolazione che potrebbe portare il numero a crescere ulteriormente o, in caso di emendamenti identici, a ridursi. Dalla prossima settimana, una volta fatto il vaglio di ammissibilità sulle proposte di modifica, si dovrà passare quindi al dibattito sul complesso degli emendamenti. A quando, quindi, il voto? Nessuno ancora sa dirlo con precisione.

Oggi la capigruppo
La capigruppo di oggi, prevista alle 13.30, servirà a cercare di fare chiarezza ma, secondo quanto raccolto in ambienti parlamentari, bisognerà occuparsi prima dei decreti in scadenza. Primo tra tutti, il Dl cultura e turismo del ministro Franceschini che va convertito entro il 30 luglio. C’è poi il decreto competitività: il voto finale è previsto entro il 25 luglio, la scadenza è il 23 agosto. E’ del tutto evidente, arrivati a questo punto, che non si tratta nemmeno di scegliere il male minore, ma di rispettare il copione.

Timing difficile
Anche se questo fa saltare i piani di Renzi. Il quale, sembra avere davvero poca confidenza con le regole del gioco. Eppure tanto il calendario dei lavori quanto la pioggia di emendamenti presentati non sembrano spaventare il ministro delle Riforme che ostenta sicurezza. “Il treno corre, a ore si comincerà a votare in Aula”, dice pur sapendo che realtà è ben altra cosa. Infatti l’inizio delle votazioni potrebbe slittare di diversi giorni, poiché ci sono alcuni decreti in scadenza che potrebbero avere la priorità sul ddl riforme. Quella di ieri, intanto, è stata la giornata dei dissidenti. Protagonista assoluto il senatore del Pd, Vannino Chiti, che ha ribadito il suo dissenso: “Non esiste una democrazia senza cittadini. Compito nostro dovrebbe essere non chiuderla in piccole stanze di addetti ai lavori”, ha affermato aggiungendo che “ognuno di noi debba rispondere alle proprie convinzioni e alla propria coscienza almeno sui temi che riguardano la Costituzione”. Anche Corradino Mineo ha confermato che voterà per il Senato elettivo. E l’ex ministro Stefano Fassina manda un messaggio al premier: “Il governo dovrebbe ascoltare le valutazioni del senatore Chiti e di altri senatori del Pd”.