Ricondurre l’affaire camici in Lombardia ad una bazzecola è sempre più arduo. Anche ieri la Guardia di Finanza è tornata a bussare alla porta del Pirellone e degli uffici di Aria spa per proseguire le acquisizioni di documenti al fine di chiarire le eventuali responsabilità sul caso della fornitura da mezzo milione di euro di Camici e altro materiale da parte della Dama, società di cui la moglie del governatore Attilio Fontana detiene una quota e di cui il cognato Andrea Dini è titolare. Quest’ultimo è indagato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente assieme a Filippo Bongiovanni, il dg della cosiddetta Consip lombarda, che travolto dallo scandalo ieri ha chiesto di essere assegnato ad altro incarico.
Secondo l’ipotesi della Procura, infatti, il manager avrebbe saputo del conflitto di interessi in cui si trovava l’azienda destinataria dell’affido diretto che, come emerso dai primi accertamenti, nel periodo dell’emergenza sanitaria non avrebbe sottoscritto il “patto di integrità”. Ma c’è di più perché l’inchiesta sta entrando sempre più nel vivo tanto che i magistrati sono decisi a capire se Fontana – allo stato dei fatti non indagato – abbia avuto un ruolo attivo nella vicenda, con un presunto interessamento da lui sempre smentito. Inoltre i pm stanno passando ai raggi X tutti i passaggi della procedura di l’affidamento della fornitura dei dispositivi di protezione individuale per capire se, pur nell’emergenza Covid, Aria abbia rispettato le regole della pubblica amministrazione che impongono di effettuare una istruttoria preliminare di controllo sulle aziende che forniscono beni e servizi e se fosse stata a conoscenza del presunto conflitto di interessi.
A prescindere dall’evoluzione della vicenda giudiziaria, M5s non vuole fare passi indietro e chiede chiarezza al Pirellone. “Martedì Fontana, insieme all’Assessore Cattaneo, hanno il dovere di venire in aula a spiegare ai lombardi che cosa sta accadendo” perché “non è tollerabile che si facciano vedere in Consiglio regionale solo per commemorazioni o inaugurazioni” ha spiegato Massimo De Rosa, capogruppo grillino in Lombardia, ricordando anche che “è più di un mese che chiediamo che riferiscano sulle inchieste che gettano ombre sull’amministrazione lombarda. Le indagini in corso sono ampie e sebbene siano solo all’inizio ci restituiscono un sistema di comando anomalo, imbarazzante e discutibile”. Parole a cui si è accodata la senatrice 5s, Simona Nocerino, secondo cui: “Più il tempo passa più emergono particolari agghiaccianti nella gestione dell’emergenza Covid-19 da parte della giunta leghista della Lombardia”.
Per la Nocerino sono troppi gli interrogativi ancora irrisolti a partire dai “test sierologici” per i quali “si è dovuto muovere il Tar” e “le ordinanze regionali” su cui “c’è da stendere un velo pietoso”. La stessa grillina, a conclusione di una lunga nota, si chiede anche come sia possibile che “c’è ancora chi dice che il modello della gestione della sanità lombarda sarebbe da prendere come esempio” ma “per cosa? I lombardi meritano delle spiegazioni mentre ciò che appare sempre più chiaro è che nessuno sia vagamente intenzionato a darne, se non cercando in ogni modo di scaricare le responsabilità di ogni errore commesso su altri”. Un atteggiamento definito “vergognoso che come Movimento 5 Stelle continueremo a denunciare, in attesa che martedì Fontana risponda alle domande che i nostri consiglieri regionali gli pongono da più di un mese”.