Il mandato di cattura per Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant è un atto simbolico e non ha conseguenze pratiche. E poi il mandato è stato solo richiesto, non spiccato.
Aldo Di Meo
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Gentile lettore, credo le sfugga la portata storica del fatto. Il procuratore della Corte Penale Internazionale (Cpi) Karim Khan e un comitato di giuristi hanno valutato le accuse di crimini di guerra e contro l’umanità a carico del governo israeliano e le hanno ritenute plausibili al punto da ritenere necessario il mandato di cattura. Se la richiesta verrà ratificata dai giudici rappresentanti i 124 Paesi aderenti alla Cpi, Netanyahu e Gallant non potranno più mettere piede in quei Paesi, inclusa l’intera Europa, pena l’arresto. E l’effetto politico è ancora più dirompente. Dopo la decisione dell’altro tribunale, la Corte di Giustizia Internazionale, di processare Israele per genocidio, ora la nuova svolta giuridica approfondisce lo stigma sullo Stato ebraico. I capi di governo che intratterranno rapporti con Netanyahu potranno essere accusati sul piano morale di intesa con un criminale. Non vedremo più Macron, Ursula, Meloni, ecc. correre a Tel Aviv ad abbracciare l’amico Bibi. E le Università che avversano gli studenti in protesta contro Israele saranno accusate di complicità con un potenziale criminale di guerra. È finita la totale impunità di Israele che dal 1948 ignora le risoluzioni dell’Onu e calpesta le leggi internazionali. “È oltraggioso! Noi siamo le vittime dell’Olocausto!”, ha esclamato Netanyahu. No, caro Bibi, ora la favola è finita: da oggi siete anche i massacratori del popolo palestinese.
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