Sembra un’apocalisse biblica la fotografia scattata dall’Unicef sulla povertà alimentare infantile nel mondo. Un bambino su quattro, 181 milioni, vive in una condizione definita di “grave povertà alimentare”. Tradotto: questi bimbi non hanno abbastanza da mangiare, il loro piatto è troppo vuoto per garantirne la crescita fisica e cerebrale se non addirittura la sopravvivenza. Nella migliore delle ipotesi rimarranno con conseguenze permanenti sulla salute e lo sviluppo fisico e mentale. “I bambini in grave povertà alimentare sono in bilico tra la vita e la morte. È una realtà per milioni di loro e può avere un impatto negativo irreversibile”, ammonisce Catherine Russell, direttrice generale dell’Unicef. Il rischio di incappare in gravi forme di denutrizione è fino al 50% maggiore per chi si nutre solo di riso e un po’ di latte al giorno. Cibi che non bastano a una corretta crescita.
L’Unicef e la fame nel mondo: un bambino su quattro vive in una condizione di “grave povertà alimentare”
Un’emergenza planetaria messa a nudo da questa nuova indagine mentre il mondo fa i conti con le conseguenze socioeconomiche della pandemia di Covid-19 e con il caro-vita innescato da diseguaglianze, conflitti e crisi climatica. I prezzi dei beni di prima necessità come il cibo sono schizzati alle stelle in ogni angolo del pianeta. Una carestia moderna che miete più vittime invisibili nelle aree più disagiate e martoriate del globo. Il 65% degli affamati dell’infanzia vive in soli venti paesi: 64 milioni in Asia meridionale, 59 milioni nell’Africa sub-sahariana. Qui i campi sono arsi dalla siccità, i raccolti distrutti dalle locuste e dagli sconvolgimenti ambientali. Gli orrori della guerra poi raschiano il fondo del barile. In Somalia, dilaniata da siccità e conflitti, il 63% dei bambini è denutrito in modo grave. Nell’80% dei casi è capitato che non potessero mangiare per un’intera giornata. Nelle aree più vulnerabili, dunque, la fame nera diventa totale e abissale.
Ma c’è un inferno dantesco che oscura tutti gli altri in termini di devastazione alimentare: la Striscia di Gaza. In questa terra di nessuno, prigione a cielo aperto assediata e stremata dagli eserciti di Israele, mesi di combattimenti senza sosta e blocchi agli aiuti umanitari hanno fatto collassare il sistema alimentare e sanitario per i civili. I dati raccolti descrivono un disastro senza precedenti. Le conseguenze per i bambini sono tragiche, “catastrofiche” per usare il termine crudo dell’Unicef. Da queste parti diventa difficile perfino coltivare la speranza. Cinque diverse rilevazioni effettuate tra dicembre 2023 e aprile 2024 hanno registrato uno scenario apocalittico: 9 bambini su 10 vivono in condizioni di gravissima povertà alimentare, sopravvivendo a stento con solo due o meno gruppi di alimenti al giorno.
L’inferno di Gaza, tomba a cielo aperto
I combattimenti hanno distrutto campi coltivati, lasciato il bestiame allo stremo, decimato le flotte di pescherecci e danneggiato strutture per la lavorazione e lo stoccaggio del cibo. E con l’assedio israeliano che blocca l’afflusso degli aiuti umanitari, milioni di persone sono state private dell’ultima ancora di salvezza. Privarle del cibo, il crimine più atroce. In questo supplizio antico dell’assedio, la popolazione civile è usata come scudo umano dai miliziani di Hamas per difendere i propri arsenali. Ma a pagare il prezzo più salato sono ancora una volta i bambini, le prime vittime innocenti. Per loro Gaza è una tomba a cielo aperto, un mattatoio di vite prematuramente spezzate dallo strapotere della malnutrizione.
Un crimine contro l’umanità perpetrato non con le armi ma con il ricatto del cibo negato. L’Unicef chiede di attivare la macchina degli aiuti umanitari, sbloccare i corridoi per far arrivare viveri e soccorsi. Ma è una goccia innocua contro il muro dell’indifferenza globale. La Storia ci giudicherà per questo scempio.