Le Lettere

La dura legge del rating

Mattarella dice che le agenzie di rating dovrebbero considerare gli straordinari successi economici dell’Italia. Ma dove sono questi successi?
Martina Benassi
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Gentile lettrice, me lo chiedo anch’io. Quest’anno si prospetta una crescita dello 0,4% del Pil, contro l’1% che era l’obiettivo del governo. L’anno scorso (0,6%) siamo stati quasi il fanalino di coda dell’eurozona, superando di poco la Germania (ferma a 0,3%) non per merito nostro ma per demerito dei tedeschi che si sono fatti sabotare il Nord Stream da una manina alleata. La produzione industriale scende da 19 mesi consecutivi (–3,2% su base annua) e il fatturato da 16 mesi. Gli ordinativi sono in calo e “i dati sulla produzione tracciano un quadro preoccupante” (lavoce.info). Il potere d’acquisto si è ridotto del 6,4% (in Germania –4%, in Spagna –1,9%, in Francia –1,5%) e gli stipendi sono fermi, tranne un marginale recupero coi rinnovi contrattuali. Aumentano cassa integrazione e indennità di disoccupazione. In un anno la quota della popolazione scivolata in povertà assoluta è di quasi un milione di persone. E dunque? Posso solo immaginare che quello di Mattarella sia stato un discorso “patriottico” pro Italia. Però dubito che commuoverà le agenzie di rating, che comunque sono da prendere con le molle. Anzi, spesso e volentieri le grandi istituzioni finanziarie spacciano fake news in base alle loro agende politiche. Il caso di scuola è la Russia: ne avevano predetto il crollo per via delle sanzioni e invece la sua economia conosce una crescita senza precedenti, +5,4% nei primi 6 mesi dell’anno. Ma non è certamente il caso dell’Italia.