di Stefano Sansonetti
Diventa sempre più spinoso il caso di Giorgio Starace, l’ambasciatore italiano negli Emirati Arabi Uniti trascinato nell’affaire Matacena dalle rivelazioni dell’ex capo dei nostri servizi segreti ad Abu Dhabi. Sulla vicenda sale il livello di attenzione della Commissione parlamentare antimafia. Il cui vicepresidente, Claudio Fava, lo scorso 15 ottobre ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere la sospensione del diplomatico. Contattato ieri da La Notizia, Fava ha rilanciato con toni perentori. “Nei limiti in cui posso rispondere”, ha detto alludendo alla segretezza di una recente audizione in Commissione dei pm di Reggio Calabria che indagano sulla vicenda, “c’è evidenza che l’ambasciatore sia indagato dalla procura di Reggio Calabria”. Invitato a specificare meglio il concetto, il vicepresidente dell’organo parlamentare ha puntualizzato: “Da quello che mi risulta con certezza l’iscrizione sul registro degli indagati c’è”.
LA SITUAZIONE
E’ appena il caso di ricordare, come viene ricostruito all’interno dell’interrogazione, che Starace è stato accusato da Paolo Costantini, colonnello della Guardia di finanza che fino a qualche tempo fa dirigeva i nostri servizi ad Abu Dhabi, di aver aiutato la latitanza di Matacena facendo pressioni nei confronti delle autorità locali e non comunicando alle autorità giudiziarie italiane informazioni utili per istruire la richiesta di estradizione. La vicenda ruota intorno ad Amedeo Matacena, l’armatore ex deputato di Forza Italia condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Il contesto delle accuse, incalza Fava, “è talmente grave che l’ambasciatore non può rimanere a rappresentare lo Stato italiano negli Emirati Arabi”. In ogni caso, precisa il vicepresidente della Commissione antimafia, “avrei chiesto la sua sospensione anche se non fossi stato sicuro della sua iscrizione sul registro degli indagati”. Di certo l’insistenza di Fava crea anche le premesse per un attrito istituzionale con la Farnesina. E’ bene ricordare, infatti, che l’ambasciatore nei giorni scorsi ha seccamente smentito lo status di indagato, adducendo “accertamenti effettuati dal ministero degli esteri presso la magistratura competente”. Versione confermata a La Notizia dalla Farnesina (il dicastero “conferma quanto detto dall’ambasciatore Starace e conferma che il ministero ha avuto riscontro dalla procura che l’ambasciatore non è sottoposto a indagine”).
GLI SVILUPPI
Chi è che non dice la verità? Probabilmente la risposta potrà aversi nei prossimi giorni. Certo è che tutta la situazione non fa altro che mettere in imbarazzo anche il fratello dell’ambasciatore, ovvero Francesco Starace, amministratore delegato dell’Enel (vedi La Notizia del 18 ottobre scorso), il colosso elettrico che negli Emirati Arabi è presente con alcune collaborazioni tecniche nelle smart grids, le cosiddette reti intelligenti di distribuzione dell’energia elettrica. Nel frattempo emergono le perplessità anche di altri componenti della Commissione antimafia, che però premettono di parlare in linea generale del caso Matacena, proprio in virtù della segretezza dell’audizione dello scorso 17 settembre con i pm, tra gli altri Francesco Curcio della Dna e Giuseppe Lombardo della Dda. Giuseppe Lumia, oggi componente della Commissione che in passato ha anche presieduto, chiede che “sulla vicenda si vada sino in fondo, perché non è possibile che ci sino aree di anomalia e protezione”. Francesco D’Uva, M5S, anche lui membro della Commissione, spiega che durante l’audizione dei pm “si è avuta la sensazione che i magistrati si siano sentiti un po’ messi al margine, come se non dipendesse totalmente dalla procura il potere di far luce sulla vicenda”. Di più è difficile sapere, perché la maggior parte dell’audizione svoltasi nella Commissione presieduta da Rosy Bindi è stata secretata. Di sicuro i nodi non accennano a sciogliersi.
Twitter: @SSansonetti