Non ci voleva molto per arrivare fin qui e infatti Ignazio La Russa, con la sua proverbiale abilità di dire ciò che gli altri al massimo pensano, è riuscito a spiegarci che l’aumento delle spese militari “è una necessità” (non stupisce, certi destrorsi senza violenza e armi sarebbero costretti a usare le parole e sparirebbero dalla scena pubblica) ma soprattutto ha elaborato la brillante soluzione di “usare una quota del Reddito di cittadinanza” per pagare i missili da impacchettare verso l’Ucraina.
La Russa vorrebbe finanziare la corsa al riarmo tagliando i fondi del Reddito di Cittadinanza
In un’intervista al Corriere della Sera La Russa ci fa sapere di essere consapevole “della crisi” (cara grazia) ma spiega che l’aumento delle spese militari garantisce “più libertà e più indipendenza”. Poi, come sempre, usa i soliti argomenti taroccati di chi attacca il Reddito di cittadinanza perché, dice La Russa, “ha sostenuto anche delinquenti e mafiosi”. Conviene sempre tenersi a mente che il costo dei famosi “furbetti del Reddito di cittadinanza” è, tra il 2019 e il 2021, di 48 milioni di euro in totale.
Una vergogna da estirpare, sia ben chiaro, ma parliamo di 1 milione in meno rispetto ai soldi finiti sotto lo zerbino della Lega di Salvini, parliamo di 79 miliardi e 960 milioni di euro in meno rispetto all’evasione fiscale (di cui 30 di evasione iva). Capite le proporzioni?
A proposito di proporzioni: La Russa, confidando in un elettorato incapace di fare i conti, finge di non sapere che l’aumento della spesa militare in Italia comporta una spesa totale di 8 miliardi solo nel 2022 (ovviamente in crescita, vista la rincorsa del Parlamento al Prodotto interno lordo dell’elmetto). Sono gli stessi soldi che ci dicono di non riuscire a trovare per le famiglie in difficoltà, per i lavoratori messi in ginocchio dalla pandemia, per i servizi inefficienti se non inesistenti, per la scuola, per la sanità.
Ma la frase di La Russa, che si è travestito come molti suoi colleghi da Robin Hood al contrario che ruba ai poveri per dare ai ricchi, contiene anche un’altra preponderante caratteristica di questo tempo: l’aporofobia, la paura per la povertà che diventa disprezzo verso i poveri.
È un percorso che parte da lontano con gli attacchi smodati verso i giovani che non accettano di lavorare da schiavi, la cronica lamentela di imprenditori e ristoratori che non trovavano lavoratori stagionali (e poi regolarmente si scopre che offrono salari da fame), il “sussidistan” invocato da Confindustria per lamentarsi degli aiuti ai lavoratori in difficoltà, il “dover soffrire” come percorso di crescita ostentato da Matteo Renzi, la “meritocrazia” sventolata da Carlo Calenda che altro non è che la visione di un Paese in cui se non ce la fai è perché sei uno sventurato che merita di essere sconfitto e infine i continui attacchi ai percettori del Reddito di cittadinanza.
Questi odiano i poveri perché sono incapaci di avere a che fare con la povertà e vorrebbero ridurla a un fenomeno marginale, rivendicando il diritto di non occuparsene. Il disprezzo verso i poveri è la vera matrice di una classe politica telecomandata da chi vede il Paese come un serbatoio continuo per il “nasci, produci, consuma, crepa”. La guerra è solo uno dei tanti falsi argomenti usati per inventarsi priorità che vengano “prima”. E in questo caso La Russa ha accettato il ruolo dell’utile idiota. Gli altri dietro, in silenzio, sogghignano.