L’ex presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca, candidato dalle destre alla presidenza della Regione Lazio, ha alle spalle una condanna per spaccio di droga. Così Salvini – che dava la caccia ai pusher al citofono – sa già chi chiamare.
L’ex presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca, candidato dalle destre alla presidenza della Regione Lazio, ha alle spalle una condanna per spaccio di droga
Se Matteo Salvini avesse ancora la sua smania di citofonare in favore di telecamere per buttare superficiale propaganda contro la droga potrebbe suonare al suo nuovo candidato nel Lazio, Francesco Rocca. Il candidato del centrodestra per le prossime regionali a 19 anni infatti era il nemico perfetto per la propaganda destrorsa: condannato a tre anni e due mesi di reclusione per spaccio, 7 milioni di lire di multa, condanna confermata in Appello.
Prima di diventare il presidente della Croce Rossa Italiana Rocca, all’età di 19 anni, venne pescato dai militari che indagavano su un giro di spaccio a Casal Palocco, nella zona litorale romana. C’è di più. Non solo Rocca era uno di quei diciannovenni che per diversi casi della vita si ritrova incagliato in qualche brutta storia ma con lui c’era anche un gruppo di nigeriani che smerciavano eroina. Nigeriani, neri, con le buste di eroina in mano: cosa manca perché Salvini non faccia un salto sulla sedia e urli contro il disfacimento morale della patria?
Dalle carte di quel processo si scopre infatti che proprio per conto degli spacciatori nigeriani Rocca avrebbe “più volte consegnato” a un ventitreenne romano eroina per un totale di circa “140 grammi”. “Un’ottima scelta. Mettiamo il Lazio in ottime mani”, ha dichiarato Matteo Salvini a proposito della candidatura di Rocca per le elezioni regionali nel Lazio.
Proviamo a ribaltare la situazione. Provi qualcuno, un giornalista qualsiasi con un microfono in mano, a chiedere al leader della Lega (leader piuttosto azzoppato, verrebbe da dire, visto il malcontento interno) cosa ne penserebbe di candidare alla guida di una Regione qualcuno che a 19 anni era uno spacciatore. Non è difficile immaginare lo strepito disgustato di Matteo.
È la doppia morale di questa destra che estrae il garantismo a fasi alterne: se ne ricorda quando serve per proteggere gli amici degli amici e se ne dimentica quando deve bastonare qualche avversario politico. Così la droga e gli stranieri in quest’occasione diventeranno, vedrete, un trascurabile errore di gioventù mentre reati ben più lievi commessi da altri sono un’onta tatuata addosso fino alla morte.
Lui, Rocca, sapendo bene come funziona la politica questa storia l’aveva raccontata già nel 2017 quando prendendo la guida della Croce Rossa mondiale ammise: “Quello sbaglio in gioventù, che mi fa soffrire anche oggi, mi ha dato una grande spinta, mi ha fatto capire che non potevo pensare solo a me stesso, che c’erano anche gli altri. Io ci credo profondamente. E sono maturato, in fretta”.
Disse Rocca che “bisogna imparare dagli errori e migliorarsi ogni giorno che passa. Questa la mia filosofia di vita. – spiegò – Ho creduto giusto ricordare il mio errore anche davanti a chi mi doveva giudicare idoneo o no a guidare il Comitato internazionale della Cri”. E concluse con una frase che è l’esatto opposto della morale di questa destra, Salvini in primis: “L’umanità è fragile, ogni individuo è fragile e può sbagliare – disse – ma si deve rispondere alle fragilità, generali e individuali”.
Verissimo, l’umanità è fragile. Ma qualcuno dovrebbe spiegare a Matteo Salvini che o si accetta (e noi gli auguriamo di impararlo in fretta) di essere comprensivi con tutti – siano anche neri, gialli, musulmani, comunisti – oppure si merita di essere bollati come vili opportunisti, forti con i deboli e deboli con gli amici che tornano utili. Poiché il garantismo è una cosa seria noi siamo convinti che Rocca abbia avuto il modo e il tempo di riscattarsi.
Del resto i giornali di queste ore si sdraiano sulla sua illuminazione: volontario nel 1988, laureato in fretta in Giurisprudenza alla Sapienza e poi l’innamoramento per la Sanità. Una sanità, va detto, piuttosto “politica” e dirigenziale con la direzione dell’ospedale Sant’Andrea, una poltrona nel consiglio d’indirizzo dello Spallanzani e poi commissario straordinario dell’Asl Napoli 2. A proposito di errori e di riscatti, di Rocca presidente di Croce Rossa si segnala la scelta di Marcello De Angelis (ex parlamentare di An ed ex esponente di Terza Posizione) come portavoce: è il fondatore del gruppo musicale 270bis, dall’articolo del codice penale relativo alle associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico, reato per cui De Angelis è stato condannato a 5 anni e mezzo.
Braccio destro e segretario particolare di Rocca in Croce Rossa è stato anche Paolo Pizzonia, un ex terrorista dei Nar. Ci sarebbe, volendo essere curiosi, anche un’interrogazione parlamentare del 4 luglio 2012 a firma Enzo Raisi (Futuro e Libertà per il Terzo Polo) in cui si chiedeva della società immobiliare di Rocca (la Ciak srl) e del suo potenziale conflitto di interessi “alla luce della potenziale gestione privatistica del patrimonio immobiliare” di Croce Rossa, scriveva Raisi. Erano i giorni in cui la trasmissione Report raccontò di 68 immobili di Cri di cui “si erano perse le tracce”, disse così Milena Gabanelli.
Ancora. Il 5 novembre 2018 l’Associazione Themis & Metis sul proprio sito pubblicò un articolo (“Croce Rossa Italiana in rosso. Dove sono finiti i soldi?”) in cui si raccontava di “una vera e propria voragine debitoria”: “un’eccellenza italiana – si legge nel pezzo – ridotta a colabrodo… forse la spiegazione può arrivare dagli sprechi pazzeschi, le ruberie, gli sperperi e le consulenze d’oro? Non si sa bene…”..
Si legge (l’articolo è ancora online) che al tempo Rocca guadagnasse “la bellezza di 263.995 Euro più 126.525 euro per spesucce varie, totale 390.520 euro. Circa 32.000 euro al mese più o meno”, nonostante Croce Rossa fosse in cattive acque finanziarie. Rocca querelò l’autore del pezzo ma gli andò male. Il Tribunale di Torino diede ragione al giornalista di quel pezzo e ricordò l diritto/dovere del giornalismo d’inchiesta (come riconosciuto da Pubblici Ministeri e Giudici) di svolgere la propria attività senza subire l’intimidazione di azioni penali, difendendo il diritto dei lettori di conoscere cosa accade realmente dietro le quinte del potere. Se Salvini citofonasse a Rocca avrebbero un sacco di cose da raccontarsi.