Che le destre al governo abbiano aperto un conflitto con la magistratura è innegabile. Lo provano le tante riforme messe in campo, dalla separazione delle carriere a quella sulle intercettazioni, che intendono delimitarne poteri e funzioni.
Adesso si sono spinte persino a contestarne le sentenze, come l’ultima che boccia i centri di permanenza e rimpatrio appena inaugurati dal governo in Albania.
In un’intervista a Repubblica il presidente del Senato Ignazio La Russa auspica di mettere mano alla Costituzione per fare “maggiore chiarezza nel rapporto tra politica e magistratura. Perché così non funziona”.
Alle accuse mosse dalle opposizioni di voler attentare alla Costituzione per cancellare il principio di separazione dei poteri, La Russa replica confermando di voler “perimetrare questi ambiti”.
E ancora: “La destra, che vuole governare, vorrebbe rispetto per le prerogative della politica”.
Salvini chiede di rimuove il giudice che ha citato Meloni
Insomma, La Russa chiede che le toghe rispettino i politici ma non si pone minimamente il problema contrario, ovvero che anche le toghe meritino rispetto. A essere, forse, ancora più incendiario è il vicepremier leghista e ministro, Matteo Salvini.
Il magistrato Marco Patarnello, di cui la premier Giorgia Meloni ha pubblicato lo stralcio di una mail che la riguarda, “non dovrebbe più essere al suo posto, molto banalmente. Ci sono più di 9mila magistrati in Italia – spiega il leader leghista – e la stragrande maggioranza fa liberamente e positivamente il loro lavoro. Se c’è qualcuno che ha preso il Tribunale per un centro sociale e per un luogo di vendetta politica ha sbagliato mestiere”.
Pronta la replica. “Vogliamo consentire a tutti di valutare con sincerità a senza surreali strumentalizzazioni il contenuto di una riflessione del giudice Marco Patarnello che ha provocato reazioni delle massime istituzioni politiche e di alcuni organi d’informazione del tutto esorbitanti”, dice Magistratura Democratica dopo aver reso noto il testo integrale della mail del giudice Patarnello, inviata alla mailing list di tutti i magistrati che aderiscono all’Associazione nazionale magistrati.
La replica di Magistratura democratica e dell’Anm
Nel merito, la mail – prosegue la nota di Md – riconosce alla presidente del Consiglio dei ministri di non muoversi per interessi personali, ma in base a una visione politica; che è politicamente forte e sostenuta da una maggioranza forte; che la sua visione della giurisdizione non è condivisibile e che mette in discussione l’assetto costituzionale; che i magistrati non devono fare opposizione politica ma essere uniti e fare chiarezza su quello che può compromettere i diritti dei cittadini.
E ancora: “La mail che ha suscitato reazioni estreme – rimarca inoltre Md – corrisponde semplicemente a un’esigenza di discussione pubblica che in una democrazia costituzionale è necessaria. Non ‘consentita’ da chi governa. Necessaria”.
“Se il ‘modello Albania’ – conclude la nota – confligge con le regole a cui l’Italia aderisce, ad esse è destinato a cedere, con buona pace di chi a quel ‘modello’ affida parte delle sue chances politiche. Né i giudici, nel decidere sui diritti delle persone, devono o possono farlo solo come fa piacere a chi governa”.
Interviene anche il presidente dell’Associazione nazionale magistrati. “Noi non siamo contro il governo, sarebbe assurdo pensare che l’ordine giudiziario, un’istituzione del Paese, sia contro un’istituzione del Paese quale è il potere politico. Non è lo scontro istituzionale quello a cui tendiamo, tendiamo a difendere l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario”, dice Giuseppe Santalucia. Ma lo scontro c’è. Allora delle due l’una: se non sono i magistrati a volerlo, a crearlo oggi non può che essere il potere politico.