Presentato da sempre come la grande risorsa d’Italia e la chiave di volta per una nuova importante forma di crescita economica del Paese, il patrimonio culturale continua ad essere in larga parte abbandonato, con investimenti minimi, ininfluenti e di frequente sbagliati, complice anche un rimpallo di responsabilità tra Governo e Regioni. A mettere il dito nella piaga, in una fase in cui i beni artistici potrebbero avere un peso notevolissimo per la ripartenza, è la Corte dei Conti.
“Pur considerando la natura, la tipologia e la complessità della tutela e conservazione del bene pubblico – specificano i magistrati nell’indagine appena ultimata sul Fondo per la tutela del patrimonio culturale – la gestione degli interventi è apparsa per lo più contrassegnata da una logica dell’emergenza non legata a quel circuito virtuoso di una programmazione pluriennale che aveva originato l’istituzione del Fondo stesso”. E per la Corte dei Conti non è colpa neppure del singolo ministro, assolvendo così di fatto il dem Dario Franceschini, bensì di “scarse risorse finanziarie, esigue a fronte dell’entità del patrimonio culturale presente nel nostro Paese”.
Il Fondo è stato dotato inizialmente di 100 milioni di euro l’anno, dal 2016 al 2020, poi implementati con l’obiettivo di proseguire l’attività di manutenzione e conservazione dell’ingente patrimonio culturale italiano. “Si riscontrano – sottolinea ancora la Corte dei Conti – criticità relative all’alimentazione della Banca Dati al fine di una unitaria rilevazione delle opere programmate, e carenze nel monitoraggio degli interventi”.