Da abile avvocato qual è, il premier Giuseppe Conte si presenta alla Camera per l’informativa sul Coronavirus e difende con forza l’operato del governo nella gestione dell’emergenza. “Saremo all’altezza? La storia ci giudicherà”, dice e cita, rispondendo alle polemiche, Alessandro Manzoni: “Del senno del poi son piene le fosse”. Richiama lo sforzo straordinario di medici e infermieri e di chi è in prima linea (“Non ci dimenticheremo di voi”) e ricorda la sfilata di bare portate via sui carri dell’Esercito, strappando un lungo applauso.
L’ARRINGA. Poi parte l’arringa in difesa dell’esecutivo. “Il governo ha agito con la massima determinazione, con assoluta speditezza”, ben prima che l’Oms lanciasse l’allarme. Ripercorre le fasi dei focolai e del contagio sul territorio, ricordando le misure prese: “Il governo ha messo in essere tutte le azioni necessarie. Abbiamo sperimentato primi in Europa un percorso normativo per tutelare la salute dei cittadini”. Per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale “abbiamo limitato le libertà dei cittadini”, rammenta. Sono state misure prese gradualmente, sulla base delle indicazioni del comitato scientifico, sempre più restrittive via via che la gravità dell’epidemia “si è manifestata”.
E “poiché il nostro ordinamento non prevede una procedura d’emergenza abbiamo sperimentato la strada del Dpcm”, ha chiarito. Il premier mira a legittimare il Parlamento: con l’ultimo decreto “abbiamo previsto l’immediato invio dei provvedimenti presi ai presidenti delle Camere e un’informativa ogni 15 giorni mia o di un ministro delegato”. Assicura che il coinvolgimento dei governatori e delle parti sociali è stato “massimo”. La pandemia pone una complessa sfida sul piano sanitario e, qui, mette in guardia sulla “iattura” del contagio di ritorno se gli altri paesi non saranno ugualmente rigorosi come l’Italia. Ma non solo.
NUOVE RISORSE. Uscire dall’emergenza richiede anche una significativa risposta economica da parte delle istituzioni nazionali e internazionali. Il premier ha difeso perciò il primo decreto preso per ridare ossigeno alle famiglie, alle imprese e ai lavoratori. Anche se, riconosce, “non è sufficiente”. E per questo si sta lavorando a un altro provvedimento di valore non inferiore al primo: ovvero 25 miliardi. E dentro ci sarà l’estensione del golden power a scudo degli asset strategici del Paese. Infine l’appello all’Ue perché agisca in fretta: “Lavoreremo per ottenere una risposta chiara, solida, vigorosa, efficace, coordinata e tempestiva dall’Europa”. Mentre sul fronte interno si continuerà a lavorare con “la massima determinazione e la massima fiducia che restando uniti ne usciremo presto”.
Quello che non si ritrova in un’ora di intervento è l’ombra di un qualsivoglia appello alle opposizioni. Lo fanno notare piccati nei loro interventi in aula Guido Guidesi della Lega e Roberto Occhiuto di FI. “Noi siamo pronti a una collaborazione istituzionale per l’Italia. E il governo?”, si interroga Antonio Tajani. “Se è vero che stiamo in guerra, non vogliamo disertare”, dice la leader di FdI, Giorgia Meloni. A invocare le opposizioni sono il Pd e Iv. A chiedere un tavolo permanente con loro è il dem Graziano Delrio. Con altro tono le evoca Maria Elena Boschi: “La responsabilità pesa meno se condivisa. Noi ci siamo e credo che ci siano anche le opposizioni”, dice la renziana, attaccando Conte sulla comunicazione (“Meglio una volta in più in Parlamento che una diretta Fb”). Iv non smette di sognare un governissimo, magari guidato da Mario Draghi, che sul Financial Times chiede di agire subito senza preoccuparsi del debito pubblico.