di Ginevra De Carli
In un momento di crisi tragico come quello che stiamo vivendo persino il binomio “salute e cura” è arrivato ad essere messo in discussione. Sempre più italiani, strozzati dalle difficoltà economiche e dalla mancanza di lavoro, sono costretti a rinunciare al diritto fondamentale alla salute. Il segno tangibile che il Paese è allo stremo. E lo Stato non può dirsi esente da colpe.
La salute in vendita
I provvedimenti adottati negli ultimi anni dai governi hanno dimostrato che la questione è stata affrontata unicamente dal punto di vista di un’apparente concorrenza tra gli attori che interagiscono nella filiera della sanità.
È stato introdotto il concetto pericoloso che la salute delle persone può essere trattata alla stregua di un qualsiasi oggetto di consumo, e non come un bene prezioso da tutelare con attenzione. Secondo Franco Caprino, presidente di Federfarma Lazio, occorre riportare al centro dell’attenzione il cittadino: garantirgli costi sanitari contenuti e certi ovunque, ripensare profondamente i percorsi sulla sanità fin qui proposti dalla politica, riportare il diritto alla salute al ruolo di bene fondamentale al quale non si può e non si deve rinunciare (così come avviene in tutti gli Stati civili).
Non si riesce ancora a comprendere, ad esempio, come sia possibile che le aziende produttrici possano fornire molti farmaci alle strutture pubbliche con sconti superiori al 50% e non garantiscano lo stesso trattamento anche alle farmacie.
Questa differenza da sola, rigirata al cittadino, permetterebbe uno risparmio immediato di circa il 20% su tutto il territorio nazionale. “Questo non vuol dire che il risparmio sul costo dei medicinali non sia sempre auspicabile – precisa Antonino Annetta, vicepresidente di Federfarma Roma – Al contrario, deve essere una priorità. Inserita però in un contesto più complesso, in cui il prezzo non sia l’unico elemento distintivo ma concorra, insieme alla professionalità del farmacista, a garantire il ruolo di tutela e supporto della pubblica salute riservato alla farmacia sotto casa”.
Lo Stato latitante
Lo Stato sembra aver abdicato ai principi fondamentali che sono alla base della Riforma Sanitaria del 1978 e che, per decenni, molti paesi europei e oltreoceano ci hanno invidiato. Tutto questo per lasciare il posto al business.
In questi anni abbiamo assistito a vari esperimenti di network e consorzi di farmacie il cui obbiettivo è stato solo quello di perseguire una politica di sconto (di mera ragioneria), che ha scatenato un’inutile e insensata concorrenza all’interno del sistema farmaceutico.
Molti esercizi sono stati costretti a rinunciare alla propria identità, con gravi danni economici e il rischio di non poter più tutelare la pubblica salute.
In un momento politico-economico difficile come quello che stiamo vivendo le farmacie rimangono un patrimonio imprenditoriale fondamentale, non solo per i titolari e le migliaia di collaboratori, ma per tutti i cittadini.
Per rispondere all’urgente necessità di risparmio, alla sfida della globalizzazione e alla paventata entrata dei capitali, devono restare unite e riprendersi il proprio ruolo di presidio sociale e sanitario, indispensabile sul territorio.
Il progetto
“Salute e Cura”, cooperativa sociale regionale delle farmacie nata da FederfarmaLazio, si propone come contenitore, centrale di raccordo e di aggregazione, in una forma flessibile e innovativa, attraverso il nuovo strumento legislativo del “contratto di rete”. “In questo modo si permetterà alle farmacie del Lazio di aumentare la capacità competitiva, senza però costringerle a rinunciare alla propria autonomia, alla propria identità”, spiega Angelo Izzo, amministratore delegato di “Salute e Cura”. Verrà mantenuto e rafforzato quel rapporto specifico con il territorio, che rappresenta la ricchezza e il vanto del sistema-farmacia italiano.
La crisi economica ha modificato profondamente la vivibilità dei singoli quartieri, e sempre più spesso è proprio la farmacia uno degli ultimi presidi territoriali ancora funzionante, riferimento e punto d’ascolto per gli abitanti. “Non possiamo permettere – specifica Izzo – che anche le farmacie subiscano lo stesso destino che ha colpito, in questi ultimi due anni, tantissimi negozi di vicinato, uccisi dalla logica del profitto, a vantaggio della grande distribuzione organizzata. La migrazione di massa verso il centro commerciale non può e non deve essere l’unica alternativa possibile”.
Attraverso un contratto di rete regionale si crea una centrale di contenimento della spesa sanitaria che preserva i ruoli di tutti gli attori della filiera del farmaco e, quindi, salvaguarda migliaia di posti di lavoro.
Senza gravare sul cittadino per i costi accessori che comporta la distribuzione dei medicinali nelle strutture pubbliche.
Il progetto garantisce un risparmio certo perché sconta già le spese per strutture, personale, formazione, distribuzione e stoccaggio, a differenza dei sistemi alternativi proposti in altre regioni.
Lo stesso nome, “Salute e Cura”, nasce dall’idea di un Sistema sanitario che si prenda cura del cittadino, così come da sempre le farmacie si prendono cura dei propri utenti. “Si deve smettere di considerare le persone (cittadini e farmacisti) in termini di target, ovvero bersagli – conclude Angelo Izzo – Si deve tornare a considerare le persone come portatori legittimi di diritti di cui prendersi cura”.