La crisi dell’industria italiana: da Stellantis all’ex Ilva, dal governo solo il solito scaricabarile

Da Stellantis all'ex Ilva, alla crisi dell'industria in Italia il governo reagisce con l'immobilismo e il solito scaricabarile.

La crisi dell’industria italiana: da Stellantis all’ex Ilva, dal governo solo il solito scaricabarile

Un allarme inascoltato. Urlato da mesi, sottolineato da dati catastrofici, ma che è più comodo far finta di non vedere. La crisi dell’industria italiana può essere riassunta nel botta e risposta, anzi nel botta e non risposta, tra il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, e il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Tema del contendere è Stellantis e i suoi stabilimenti italiani. Uno dice che siamo di fronte a una crisi che mette a rischio 25mila posti di lavoro, l’altro fa finta di nulla, se la prende (anche a ragione) con l’azienda e invece di cercare una soluzione si vanta dei grandi risultati del suo ministero in merito alle crisi industriali. Un po’ lo stesso copione che vale per l’ex Ilva, su cui le ombre sono decisamente più delle certezze per il futuro. Due situazioni che sono la fotografia della situazione industriale italiana. Rappresentata anche dai numeri che parlano di 17 mesi consecutivi di rosso per la produzione dell’industria. 

Industria, una crisi che parte da lontano

Una crisi che parte da lontano. Gli ultimi dati dell’Istat sono riferiti al mese di giugno e fanno registrare un leggero aumento su base mensile. Facile, però, partendo da una situazione catastrofica. Tanto che a giugno è stato registrato il 17esimo calo consecutivo su base annua: -2,6%. La ripresa è lontanissima. E il problema riguarda praticamente tutti i macro-comparti, con l’unica eccezione dell’energia. I peggiori? Il primo è, non a caso, proprio quello dei mezzi di trasporto, a causa della riduzione della produzione di automobili. Inevitabile il legame con la crisi di Stellantis. In sofferenza anche il settore di tessile e abbigliamento e quello della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati. 

Da Stellantis all’ex Ilva, le emergenze

La situazione più critica è quella dell’industria automobilistica in Italia. L’emergenza la evidenzia Sbarra, ricordando come nel primo semestre del 2024 la produzione si sia “ridotta del 25% rispetto al 2023”, con preoccupazioni in quasi tutti gli stabilimenti italiani, “in alcuni dei quali sta scadendo la cassa integrazione”. Senza un intervento tempestivo, quindi, “nel 2025 rischiamo di perdere circa 25mila posti di lavoro”. Lo dice senza mezzi termini il segretario della Cisl: “Ci sono difficoltà a Melfi”, non si hanno notizia sulla gigafactory di Termoli e a “Mirafiori è un bagno di sangue”, così come a Cassino e Pomigliano. Da qui l’appello al governo, a cui Sbarra chiede di “accelerare perché non sono più tollerabili incertezza e silenzio”. Insomma, Stellantis è chiamato “a dare risposte e il governo non può pensare di fare la finta o la figura del Ponzio Pilato”.

La risposta di Urso, sempre dal Meeting di Rimini, è però nient’altro che uno scarico di responsabilità. Su Carlos Tavares, ceo di Stellantis: “Il governo ha fatto la propria parte e Stellantis no”, dice riferendosi alle restrizioni sulla normativa Euro 7 e al piano di incentivi. Evidentemente il governo non riesce a sedersi al tavolo con Stellantis per uscire da questa situazione e così a Urso resta solo un ultimatum: “Se non ci risponde positivamente e velocemente” sulla gigafactory di Termoli, dice il ministro, “dirotteremo altrove le risorse del Pnrr” previste per quel progetto. Così come al ceo viene chiesta una risposta anche sul raggiungimento di “un milione di auto” da produrre in Italia, sempre più lontano. Insomma, Tavares non sembra mantenere le promesse, ma il governo si limita a qualche ultimatum prontamente ignorato.

Poi c’è il capitolo ex Ilva, con le parole di Urso, in un’intervista a ilSussidiario.net, attraverso cui assicura che il governo è pronto ad affrontare l’eventuale fermo degli stabilimenti dopo la sentenza della Corte europea, basata a suo giudizio “su dati ormai superati”. Come sottolinea il vicepresidente del Movimento 5 Stelle, Mario Turco, nell’intervista “viene paventato il rischio di sospensione dell’attività produttiva dell’ex Ilva” dopo la sentenza. Anche sull’ex Ilva, insomma, si brancola nel buio, nonostante Urso continui a parlare del bando di vendita, senza però parlare concretamente di riconversione industriale: “La verità è che si continuerà a produrre a carbone, così facendo non ci possono essere sicurezza e tutela dell’ambiente”.