La frenata dell’economia italiana non è ancora finita. La crescita potrebbe ulteriormente rallentare: le prospettive evidenziate dall’Istat nella nota mensile sull’economia non fanno ben sperare Roma e il governo guidato da Giorgia Meloni.
Pesano prospettive internazionali che restano molto incerte, condizionate anche dalle tensioni geopolitiche e dalle condizioni finanziarie sfavorevoli per famiglie e imprese. E i primi segnali di rallentamento in Italia si sono già visti, con un terzo trimestre da Pil stabile, risultato peggiore di Francia e Spagna (ma migliore della Germania).
La variazione acquisita del Pil per il 2023 è pari allo 0,7%. Ma a preoccupare è anche un altro dato: la fiducia di famiglie e imprese continua a scendere, suggerendo così l’ipotesi di un ulteriore rallentamento dell’economia italiana nei prossimi mesi.
Le previsioni dell’Istat: la crescita può rallentare ancora
Per l’istituto di statistica restano situazioni molto differenti a livello internazionale, con l’accelerazione del Pil in Cina e negli Stati Uniti e una crescita invece stagnante in Europa. Le prospettive per l’area euro restano poco favorevoli.
Non va meglio in Italia, dove il Pil nel terzo trimestre è rimasto stabile con un apporto negativo della domanda interna e un contributo positivo della componente estera netta. In lieve aumento la produzione (+0,2%), mentre il mercato del lavoro mostra una buona tenuta.
L’inflazione a ottobre è stata al di sotto del 2%, inferiore alla media dell’area euro grazie alla forte discesa dei prezzi energetici. Il problema principale per l’Italia riguarda il continuo calo della fiducia dei consumatori che scende per il quarto mese consecutivo, raggiungendo il valore più basso da gennaio.
Il peggioramento riguarda tutte le componenti dell’indicatore, a eccezione delle aspettative sulla disoccupazione e dei giudizi sulla situazione familiare. Per quanto riguarda il clima di fiducia delle imprese, si registrano valori negativi per tutti i settori tranne quello delle costruzioni. Dati che fanno pensare a una nuova possibile discesa dei consumi e di conseguenza della crescita.