La Corte Suprema del Regno Unito ha stabilito oggi, con una sentenza storica, che la definizione legale di “donna” contenuta nell’Equality Act del 2010 si basa sul sesso biologico, e non su quanto riportato sul certificato di nascita di una persona, nemmeno se modificato da un Certificato di Riconoscimento di Genere (GRC).
Il pronunciamento è giunto in risposta a un ricorso presentato dal gruppo For Women Scotland (FWS) contro l’interpretazione adottata dai ministri del governo scozzese, che facevano riferimento al sesso legale dichiarato, e non a quello biologico, nell’applicazione delle tutele previste dalla normativa.
“La decisione unanime di questa Corte è che i termini donna e sesso nell’Equality Act del 2010 si riferiscono a una donna biologica e al sesso biologico”, ha dichiarato Lord Hodge leggendo il verdetto, sostenuto anche da Lady Rose e Lady Simler.
Il contesto legale e la disputa tra biologia e identità legale
Durante l’udienza dello scorso novembre, Aidan O’Neill, legale di FWS, aveva contestato l’interpretazione scozzese, definendola “completamente sbagliata” e priva di fondamento giuridico. La posizione dei ministri di Edimburgo, secondo cui il concetto di sesso si riferirebbe al sesso certificato — ovvero quello indicato anche dopo un cambiamento legale di genere — è stata dunque rigettata dalla Corte.
Di parere opposto, Ruth Crawford, legale del governo scozzese, aveva difeso il diritto delle donne trans con GRC a essere protette alla pari delle donne cisgender. A suo avviso, la tesi di FWS avrebbe prodotto l’effetto di escludere per sempre tali soggetti dalle tutele previste dalla legge.
Una definizione binaria basata sulla biologia
Nella sentenza, lunga 88 pagine, i giudici supremi chiariscono che la legge del 2010 utilizza una definizione binaria del sesso: una persona è legalmente classificata come uomo o come donna in base a caratteristiche biologiche, non a una modifica anagrafica.
Pur non utilizzando esplicitamente il termine “biologico” nella formulazione del testo di legge, la Corte ha affermato che il significato comune e non ambiguo dei termini uomo e donna rimanda inevitabilmente alla biologia. Qualsiasi interpretazione basata sul “sesso certificato” sarebbe “incoerente” rispetto alla struttura e alle finalità dell’Equality Act.
La Corte ha tuttavia precisato che le donne trans con GRC continuano a godere della protezione legale per la transizione di genere, ma non rientrano nella definizione legale di “donna” ai fini della caratteristica protetta del sesso biologico.
Le implicazioni della sentenza della Corte Suprema del Regno Unito
La decisione della Corte Suprema del Regno Unito potrebbe avere effetti dirompenti sul dibattito giuridico e politico in materia di identità di genere, parità di diritti e politiche pubbliche, soprattutto in Scozia, dove la legislazione era stata interpretata in chiave più inclusiva.
Dalla promulgazione del Gender Recognition Act del 2004, nel Regno Unito sono stati rilasciati 8.464 certificati di riconoscimento di genere, ma ora la loro validità ai fini delle tutele previste dall’Equality Act viene ridimensionata.
Il caso è destinato a fare giurisprudenza e ad alimentare il confronto pubblico e legislativo su uno dei temi più controversi dell’agenda contemporanea: quale definizione di genere debba prevalere nella legge tra identità e biologia.