Autostrade per l’Italia ci prova. Davanti alla possibilità di perdere la concessione, come previsto nel discusso decreto Milleproroghe, mostra i muscoli e minaccia il Governo di chiedere un risarcimento da 23 miliardi di euro. Una lettera liquidata come inaccettabile dalla ministra per le infrastrutture Paola De Micheli. Ma proprio sui signori del casello si sono registrate ieri altre notevoli frizioni tra giallorossi, con Italia Viva che si è messa di traverso pure rispetto alla linea del rigore decisa verso i Benetton e gli altri concessionari. Con il risultato che il Milleproroghe resta tutto da rivedere e il Consiglio dei ministri è riuscito a fatica solo ad approvare il salva-Sicilia.
LA BATTAGLIA. Essendo ormai concreto il rischio di perdere quella concessione che da tempo è una gallina dalle uova d’oro, Autostrade per l’Italia ha inviato una lettera a Palazzo Chigi minacciando di risolvere il contratto e di dare l’avvio alla richiesta di un maxi-risarcimento da 23 miliardi di euro. Secondo la società del gruppo Atlantia, crollato in Borsa, le norme contenute nella bozza del decreto Milleproroghe sulla convenzione, se confermate, avrebbero infatti “rilevanti profili di incostituzionalità e contrarietà a norme europee” e in ogni caso andrebbero verificati “i presupposti per la risoluzione di diritto della Convenzione Unica, ai sensi dell’Art.9 bis”, che prevede il riconoscimento alla società dell’indennizzo pieno. Una posizione definita inaccettabile dalla ministra De Micheli. Ma i renziani anche su tale fronte ballano da soli.
LE TENSIONI. Alla norma che riguarda le concessioni autostradali inserita nel Milleproroghe, approvato salvo intese, è contraria Italia Viva. E lo stesso vertice di maggioranza previsto ieri al termine della riunione del Consiglio dei ministri, è saltato. “Sulle concessioni vogliono convincerci ma non ci convincono”, fanno sapere i renziani. Ancora: “Vogliono revocare le concessioni ad Autostrade? Lo facciano, ma se per farlo modificano tutta la norma mettono in discussione la certezza delle regole e la credibilità dell’Italia come Paese in cui investire. è peggio dello scudo penale per Ilva. Ce lo hanno fatto togliere e poi si sono pentiti. Questa volta è ancora più grave perché riguarda tutte le imprese che hanno le concessioni. Noi restiamo contrari, se lo votino”.
L’ennesimo attrito tra alleati dopo che difficile è stato anche approvare in Consiglio dei ministri il decreto legislativo sulla Sicilia, per spalmare nell’arco di dieci anni il disavanzo 2018 della Regione, pari a più di un miliardo di euro. “è un dito in un occhio, la classica polvere sotto il tappeto, che tanti danni ha fatto e continua a fare alla finanza pubblica italiana, nazionale e locale. Noi siamo profondamente contrari”, ha dichiarato ieri mattina il renziano Luigi Marattin. Alla fine il testo è stato quindi ritoccato, inserendo una condizione in cui si specifica che se entro 90 giorni Governo e Regione non sigleranno un’intesa tra gli obblighi che la Regione deve avere la spalmatura sarà a tre anni e non a dieci.
Una modifica non sostanziale, ma sufficiente a far esultare IV. Come se non bastasse difficoltà si registrano poi pure sulla norma che riguarda l’innovazione digitale, dove Pd e Leu frenano confermando l’accordo di inserire nel decreto Milleproroghe solo una norma pilota. Venerdì, infine, il Partito democratico presenterà la sua proposta di legge sulla prescrizione, che poi verrà esaminata dal vertice di maggioranza già convocato per il 7 gennaio. “Valuteremo tutte le proposte – getta acqua sul fuoco il ministro Alfonso Bonafede – l’importante è che non rientri dalla finestra quello che è uscito dalla porta”. Di certo sulla porta vi sono tanti interrogativi per il futuro giallorosso.