Ecco la nuova frontiera della corruzione italiana magistralmente delineata dal professor Alberto Vannucci in un suo recente articolo per LaVoce.info. L’evoluzione è notevole: dalla volgare tangente in contanti siamo giunti all’elegante “corruzione a norma di legge”.
I casi di Liguria e Venezia ci offrono un prezioso spaccato di questa raffinata pratica. I nostri politici d’affari, creature ibride tra l’imprenditoria e la politica, hanno finalmente compreso che la legge non va infranta, ma semplicemente interpretata con creatività. Perché violare apertamente le norme quando si possono piegare con tanta grazia?
Le decisioni, ci assicurano, vengono prese “nel rispetto della legge”. Un sollievo per tutti noi cittadini, indubbiamente. I favori si concedono con discrezione, attraverso un intricato sistema di finanziamenti, consulenze e cortesie reciproche. Un vero capolavoro di ingegneria sociale.
È particolarmente edificante notare come i ruoli si siano invertiti: non sono più i partiti a dettare le regole del gioco, ma gli imprenditori stessi. I “mini-partiti personali” sono diventati strumenti flessibili, perfettamente adattabili alle esigenze del mercato politico-affaristico.
Le contropartite? Nulla di così volgare come una mazzetta. Si parla di contributi alle campagne elettorali, finanziamenti a nobili iniziative politiche. Tutto perfettamente tracciabile, fiscalmente ineccepibile.
Certo, potremmo soffermarci su dettagli insignificanti come terreni inquinati bonificati a metà o spiagge pubbliche miracolosamente privatizzate. Ma sarebbe di cattivo gusto, quando tutto avviene nel pieno rispetto delle procedure amministrative.
Il professor Vannucci ci mette in guardia: questa nuova forma di corruzione è più sottile, più difficile da individuare e da contrastare. Finalmente la corruzione si è fatta civile, quasi impercettibile.