Se è vero che l’ultima speranza del pianeta è quella di contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi, allora stando a quanto trapela dal Cop27 siamo già spacciati. Già perché il summit a Sharm el-Sheikh che doveva fissare obbiettivi, tempi e metodi, tra alcune delle più grandi economie mondiali si sta risolvendo nell’ennesimo – e totale – fallimento che viene giustificato con la guerra in Ucraina, la crisi energetica e la necessità di salvaguardare le economie.
Peccato che nessuno stia ragionando davvero sul prezzo che l’umanità, tutta, si troverà a pagare se l’aumento delle temperature sarà sostanzialmente incontrollato. Questo perché aumenteranno le aree desertiche, l’impoverimento dei terreni agricoli, la siccità e le carestie interesseranno sempre più persone. Insomma un dramma senza fine da cui ci mettono in guardia, da decenni, sia illustri scienziati che attivisti.
E che Cop27 sarebbe stata un probabile fallimento ce lo avevano fatto capire proprio gli ambientalisti duri e puri, a partire dalla loro mascotte Greta Thunberg, che hanno deciso di disertare l’evento che si sta tenendo in Egitto perché sarebbe stato al massimo un’operazione di greenwashing – ossia di ecologismo di facciata – per di più svolto in un Paese che, come sa bene l’Italia, ha più di qualche problema con i diritti civili. Ma Greta & Co, pur se non sono fisicamente presenti a Sharm el-Sheikh, non hanno deciso di restare in silenzio perché stanno continuando a far sentire la loro voce, con proteste e pressioni, a distanza.
Un parere condiviso anche dall’ex ministro e oggi presidente della Fondazione UniVerde, Alfonso Pecoraro Scanio, secondo cui “il segretario generale dell’Onu ha detto che stiamo andando verso il suicidio collettivo del genere umano per l’incapacità politica di agire. E in effetti abbiamo una classe politica mondiale che è un disastro”.
Insomma le premesse stesse della Cop27 facevano annusare il flop e se possibile le cose sono andate addirittura peggiorando, tanto che ormai appare improbabile che la tendenza possa invertirsi nei prossimi giorni. Questo perché le trattative procedono a rilento e non sembra esserci un singolo punto su cui esista un accordo tra i diversi Stati. Con i negoziatori che continuano da giorni nel tentativo di arrivare a una bozza di testo, permangono le distanze perfino sull’obiettivo minimo di non superare l’aumento della temperatura a 1,5°C sopra i livelli preindustriali che dovrebbe garantire un futuro al pianeta.
Lungaggini inspiegabili se si pensa che, secondo le stime degli esperti, siamo già arrivati a 1,15 gradi in più rispetto al boom della produzione di inquinanti da parte dell’uomo. “L’Unione europea è qui per andare avanti, non per tornare indietro. Glasgow ci ha dato solide basi e qui a Sharm vogliamo tracciare un percorso in avanti. Ora è tempo che il Green Deal europeo venga messo in atto” ha spiegato il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Frans Timmermans, durante Cop27. Lo stesso ha poi aggiunto che “ci siamo impegnati a ridurre le nostre emissioni di almeno il 50% entro il 2030 e siamo sulla buona strada” e che “abbiamo concordato tra i nostri Stati membri di aumentare i nostri pozzi di assorbimento di carbonio ed eliminare gradualmente le auto che emettono Co2”.
“Siamo fermamente sulla buona strada per finalizzare tutta la legislazione per raggiungere i nostri obiettivi climatici entro la fine di quest’anno. L’attuale stato di avanzamento porterà le effettive riduzioni delle emissioni ad almeno il 57%” ha concluso Timmermans riferendosi all’iniziativa Ue denominata Fit for 55. Peccato che i dati sembrano dire tutt’altro perché secondo il Climate Change Performance Index, ossia l’indice che analizza le emissioni inquinanti delle 59 nazioni che complessivamente producono il 90% dello smog mondiale, al giorno d’oggi nessun Paese risulta soddisfare i requisiti per restare sotto la soglia di 1,5 gradi in più rispetto al periodo preindustriale. Un dato che smentisce che l’Ue sia sulla buona strada per rispettare gli impegni presi anni fa e che dovrebbero essere attuati entro il 2030. Non solo.
Alla Cop27 il ministro all’Ambiente italiano Gilberto Pichetto Fratin si è detto ancora una volta “favorevole all’utilizzo del nucleare”
Anche sullo stop alla vendita dei motori endotermici, proprio l’Italia – ma non è la sola – vorrebbe ottenere uno slittamento. In tutto questo il ministro all’Ambiente, italiano Gilberto Pichetto Fratin (nella foto), alla Cop27 si è detto ancora una volta “favorevole all’utilizzo del nucleare”, ma “la valutazione va oltre l’Italia e ritengo vada fatta a livello di Unione europea”, perché “si tratta comunque di energie per il futuro”.
Eppure c’è qualcosa di ancor peggiore visto che i grandi della terra continuano a fare mirabolanti promesse, salvo poi rimangiarsele puntualmente. Una delle più dolorose è quella che prevede ristori per i Paesi, principalmente quelli più poveri, che subiscono i danni maggiori a causa del cambiamento climatico. Si tratta di qualcosa che dovrebbe essere scontato perché è giusto che a pagare i danni siano gli Stati che più di altri li hanno causati e anche qui Cop27 rischia di tradire le aspettative.
A dirlo chiaro e tondo è ancora una volta Timmermans che, gelando tutti, ha detto: “Io non sono sicuro che questa settimana troveremo il consenso su un nuovo meccanismo finanziario” per i ristori alle perdite e i danni del cambiamento climatico nei paesi più poveri, “ma vediamo dove riusciamo ad arrivare”. Il problema, ammette il vicepresidente della Commissione Ue, è che “al momento non vedo traccia di un possibile accordo che emerga su di una nuova struttura” che gestisca la situazione.