I fendenti stanno arrivando uno dopo l’altro sulle ambizioni di Matteo Renzi. Senza nemmeno un attimo per provare a riprendere fiato e organizzare la strategia. Così l’avvicinamento del congresso sta diventando una corsa a ostacoli per il favorito alla vittoria delle primarie, che sogna di riprendersi il partito e avviare la personale rincorsa per tornare a Palazzo Chigi. E invece ora deve guardarsi dall’assedio totale: dall’apparato del partito, che inizia a virare sul ministro Andrea Orlando, alla giustizia, con inchieste problematiche per l’immagine. L’ultimo colpo è stato assestato ieri con la condanna a Denis Verdini nel processo per il crac del Credito cooperativo fiorentino. Certo, l’Alleanza liberalpopolare-autonomie (Ala) non fa parte della maggioranza e quindi in teoria non riguarderebbe il Pd. Ma non si può dimenticare il passato, quando l’ex braccio destro di Silvio Berlusconi era diventato un interlocutore di Renzi. E in alcuni casi alleato ufficiale. “La lista di Ala è un pezzo importante della mia coalizione”, disse la candidata a sindaco di Napoli, Valeria Valente in piena campagna elettorale per le Comunali, con la benedizione dei renziani. La condanna a Verdini ridarà perciò fiato a tutti gli esponenti dem che avevano contestato l’avvicinamento politico a una figura chiave dell’era berlusconiana.
Calvario – Dal 4 dicembre in poi per Renzi è insomma iniziato un calvario. La prima batosta è stata data dagli elettori con la bocciatura della riforma costituzionale, peraltro con percentuali pesantissime. L’impero renziano è andato sempre più verso la disgregazione con i poteri forti che hanno cercato altri interlocutori. Mentre nel Pd è partita l’operazione di logoramento: i dirigenti hanno messo all’angolo il segretario, costringendolo a rinunciare all’idea di elezioni anticipate a giugno. Il tira e molla sulla data del congresso si è comunque chiuso con una scissione e una data di compromesso, il 30 aprile, per le primarie. Ma nemmeno il Natale è stato sereno per il Rottamatore: l’inchiesta Consip gli si è stretta intorno come una tenaglia. Le indagini hanno prima lambito personaggi di spicco del Giglio Magico, salvo poi riguardare direttamente la famiglia Renzi con il coinvolgimento del padre, Tiziano. Ma la questione non è solo famigliare, perché in questo caso si potrebbe dire che le colpe dei padri non devono cadere sui figli. Il procedimento ha infatti coinvolto l’attuale ministro dello Sport, Luca Lotti, considerato il “braccio destro e sinistro di Matteo”. Per qualche settimana il problema è stato esorcizzato, sperando in una rapida chiusura del caso. Ma la storia è andata in una direzione opposta: l’inchiesta ha avuto una maggiore eco mediatica. Con il pericolo concreto di perdere voti al congresso.