Passano le legislature e cambiano governi ed equilibri all’interno del Parlamento. A restare immobile, invece, è la ciurma dei cosiddetti “impresentabili” tra condannati, indagati e imputati che popolano Camera e Senato. Fare un conto complessivo, com’è facilmente immaginabile, è piuttosto complicato. Il nostro giornale ne ha contati ben 57, un numero non di poco conto. Considerato che, una volta entrata in vigore la riforma Cartabia, anche a loro spetterà un compito importante: indicare, insieme al resto dei parlamentari, i reati ai quali le Procure della Repubblica dovranno dare priorità nell’esercizio dell’azione penale. Se non è un conflitto d’interessi poco ci manca: quale inquisito/imputato voterebbe per il reato che gli è viene contestato? Di certo, molti dei 57 onorevoli in questione si sono particolarmente distinti nello scontro con il Movimento Cinque Stelle, unica forza – altra casualità, no? – determinata a cancellare l’istituto della prescrizione.
ORGOLIO E PREGIUDICATI
Ma a questo punto passiamo in rassegna alcuni dei 57 che popolano le onorevoli Camere. Il totiano Paolo Romani, tanto per dire, ha una condanna definitiva a un anno e 4 mesi per peculato: “durante il suo assessorato a Monza – raccontava qualche tempo fa il Fatto – la figlia usò il cellulare del Comune per 9.811 euro di bollette”. Il senatore Salvatore Sciascia è stato invece condannato a 2 anni e 6 mesi per una storia di tangenti al tempo di Fininvest. Interessante anche la vicenda di Vittorio Sgarbi: condannato in via definitiva per truffa ai danno dello Stato e ora alle prese con un’altra indagine che lo vedrebbe coinvolto perché avrebbe “provato a vendere una preziosa tela del pittore Valentin de Boulogne pur non essendo in possesso dell’attestato di libera circolazione o licenza di esportazione”.
INDAGATI E CONTENTI
E qui comincia un’altra simpatica schiera di onorevoli. Accanto ai condannati in via definitiva (di cui ovviamente sopra c’è semplicemente qualche esempio), ci sono gli indagati e imputati. Su tutti impossibile non menzionare Matteo Salvini, ancora sotto processo per il caso Open Arms, l’imbarcazione rimasta in mare per sei giorni nel 2019, quando era ministro dell’Interno: è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Nella Lega, però, è decisamente in buona compagnia. Il tesoriere Giulio Centemero, tanto per dire, è accusato per un presunto finanziamento illecito per il quale è in corso il processo a Milano. Per lo stesso capo d’accusa è indagato (la notizia della chiusura delle indagini è di poche settimane fa) anche Armando Siri: la procura di Milano in questo caso contesta a lui e ad altre sette persone il caso dei mutui sospetti concessi dalla Banca commerciale agricola di San Marino. Non si può dimenticare poi tutto il capitolo degli ex consiglieri regionali e oggi parlamentari condannati per le spese pazze. Un esempio su tutti: il capogruppo leghista alla Camera Massimiliano Romeo, pochi giorni fa condannato anche in appello per peculato a un anno e 8 mesi. Ci sono, poi, i parlamentari che hanno avuto guai con la giustizia per qualche affermazione di troppo. Qualche esempio? Roberto Calderoli è stato condannato a un anno e sei mesi per aver accostato a un orango l’ex ministra Cecile Kyenge. Stessa sorte per Simone Pillon: condannato per diffamazione dopo aver insultato l’Arcigay Omphalos. Insomma, un circo piuttosto variegato. Che, stranissima coincidenza, sta facendo fuoco e fiamme pur di non toccare la prescrizione.