Iperattivo e gran dispensatore ai colleghi di partito e alla stampa di powerpoint quotidiani su ogni aspetto dello scibile economico e politico, Renato Brunetta ha trascorso giornate difficili. Per mesi aveva fatto irruzione nei capannelli in Transatlantico per spiegare come fosse l’unico ad avere ragione e soprattutto per accreditarsi quale principale ispiratore di Berlusconi. Poi, improvvisamente, si è fatto scoprire del tutto all’oscuro delle decisioni del Cav: prima leggendo sulle agenzie delle dimissioni chieste ai suoi ministri, poi dichiarando che il Pdl avrebbe votato all’unanimità la sfiducia a Letta. Preso in contropiede, ha quindi svolto in aula un intervento in cui esprimeva a denti stretti il sostegno al governo, ma con termini che neanche il più arrabbiato dei grillini… Acclamato a suo tempo capogruppo alla Camera con il tiepido applauso dei suoi colleghi, l’ex ministro in questi mesi non ha fatto nulla per guadagnarsi simpatie. Nelle ultime ore la sua poltrona è così diventata il principale bersaglio di Alfano. Come salvarsi dal capitombolo? Semplice. Si è infatti affrettato a bocciare l’idea di un congresso avanzata da Fitto: «Il pluralismo del dibattito al nostro movimento – ha dichiarato – non deve passare attraverso iniziative che danno fiato a chi gioca a spezzare la nostra coesione morale, personale e strategica intorno a Berlusconi. Chiedere un congresso oggi ha sapore di vecchia politica». Addirittura! Resta adesso da capire se questa piroetta verbale e politica sarà sufficiente a salvargli il posto…
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