Lo scudo parlamentare non è sempre impenetrabile. Salvato dalla solita Giunta per le immunità, l’ex senatore, ex sindaco di Milano ed ex europarlamentare Gabriele Albertini (nella foto) rischia così ora un processo con l’accusa di aver calunniato l’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo. A decidere se le parole e l’esposto dell’esponente del centrodestra, passato da Forza Italia a Scelta Civica di Mario Monti, per poi approdare nel Nuovo centrodestra di Angelino Alfano e infine avvicinarsi alla Lega, siano insindacabili opinioni di un parlamentare o un reato per cui è necessario un processo, sarà infatti ora la Consulta, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato presentato dalla Corte d’Appello di Brescia.
IL CASO. Albertini ha iniziato a scontrarsi con Robledo sulle inchieste relative alla cosiddetta questione degli emendamenti in bianco, sull’acquisto dell’Autostrada Serravalle da parte della Provincia di Milano, allora guidata da Filippo Penati, e sui contratti derivati sottoscritti dal Comune ai tempi proprio dell’amministrazione Albertini. L’esponente del centrodestra è stato così accusato dal magistrato di calunnia per quanto dichiarato in una memoria in un processo davanti al Tribunale di Milano, nel 2012, in cui l’ex procuratore aggiunto veniva considerato responsabile dei reati di soppressione, distruzione e occultamento di atti pubblici e di abuso d’ufficio. E sempre Albertini è poi stato accusato di un’altra calunnia per un esposto inviato al Ministero della giustizia contro Robledo, indicando quest’ultimo come responsabile di abusi di’ufficio, omissioni, violenze private, intralcio alla giustizia ed altro, con descrizione delle relative modalità di esecuzione, durante lo svolgimento di alcune indagini.
IL GIUDIZIO. A salvare l’ex sindaco di Milano diventato senatore ha provveduto però il Senato, nel 2017, deliberando che le dichiarazioni del parlamentare “costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e ricadono pertanto nell’ipotesi di insindacabilità”. A far dormire ulteriori sonni tranquilli ad Albertini è quindi intervenuto il Tribunale di Brescia, che si è comunque pronunciato sull’esponente del centrodestra e, sempre nel 2017, lo ha assolto da un’ipotesi di calunnia per insussistenza del fatto e dall’altra perché il fatto non costituisce reato. Ma la sentenza è stata impugnata da Robledo, costituitosi parte civile.
La Corte d’Appello di Brescia, specificando che all’epoca dei fatti Albertini non era senatore e che comunque “difetterebbe anche il nesso funzionale delle opinioni manifestate dall’Albertini con l’attività parlamentare, atteso che tali dichiarazioni riguardano processi penali in relazione ai quali non vi è alcuna connessione con l’attività legislativa”, ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, che ha ora dichiarato inammissibile il ricorso e che dovrà decidere se far processare l’ex big del centrodestra. Per i giudici di Brescia, più nello specifico, “non spettava al Senato della Repubblica deliberare che le dichiarazioni rese dal senatore Gabriele Albertini nella lettera indirizzata al Tribunale di Milano nonché nell’esposto indirizzato in pari data al Ministro della giustizia quale titolare del potere disciplinare, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni”. Deciderà la Consulta.