di Angelo Perfetti
Comunque vada in questa guerra abbiamo già perso: la faccia. Il generale Fernando Termentini, una vita al servizio del Genio, una laurea in scienze Strategiche e consulente militare, non può accettare che passi il messaggio del “va tutto bene” fatto trapelare dal ministro Bonino nelle sue comunicazioni alla Camera ieri mattina parlando del caso dei marò prigionieri in India e accusati di omicidio volontario. La Bonino ha annunciato che “le indagini supplementari sul caso dei marò finiranno tra poco”, che a luglio dovrebbe iniziare il processo presso la Corte speciale di Nuova Delhi e che è “convinta che sia stata trovata la strada per una soluzione giusta e rapida”.
“Che il ministro ritegna rapido ciò che sta accadendo ai nostri fucilieri di marina mi sembra un paradosso- afferma il generale – sia per il tempo trascorso fino a oggi, sia perché la tempistica delle indagini della Nia era già nota e coincide con quanto sta accadendo. Quanto al concetto di ‘giusta’ nutro fortissime perplessità che il fatto di far giudicare i nostri soldati da un Tribunale indiano possa essere considerata una misura ‘giusta’, a prescindere da come andrà il processo”.
Analisi impietosa. Eppure una novità positiva possiamo anche intravederla: qualcuno ha parlato dopo mesi di assordante silenzio…
“Tutti noi ci rallegriamo dell’ottimismo espresso dal Ministro – replica ironicamente il generale Termentini – che finalmente rompe il silenzio dell’inviato dott. De Mistura che invece non si pronuncia. Massimo rispetto dell’opinione di chiunque e sicuramente la mia valenza culturale, inferiore a quella di chi è deputato a cariche istituzionali rilevanti, non mi consente un’analisi dei fatti esaustiva. Come semplice cittadino e “uomo della strada” non sono però convinto che se quanto annunciato dal Ministro avvenisse possa essere giudicato legittimo e quindi giusto. L’India, ripeto, arrogandosi il diritto di giudicare i due militari italiani disattenderebbe le convenzioni ed il Diritto Internazionale con un approccio che forse è azzardato definire equo.
L’Italia, piuttosto, continua a guardare sottolineando come un successo fatti che altri Stati sicuramente valuterebbero come una sonora sconfitta del diritto delle Nazioni.
Si riferisce alle storie passate di americani, inglesi e francesi?
Macché, io invece mi riferisco proprio all’India che un paio di mesi fa ha immediatamente applicato il diritto di immunità nei confronti di due suoi militari operatori delle Contingente ONU di Peace Keeping dislocato in Congo ed imputati di stupro.
Sempre ieri mattina l’on. La Russa ha parlato esplicitamente di interessi economici dietro la vicenda dei marò…
“Facciamo un rapido escursus e ripeschiamo nella memoria. Dopo l’annuncio fatto dall’Italia tramite l’allora ministro Terzi sulla non restituzione dei marò all’India, ci fu un rapido capovolgimento di strategia. Terzi si dimise e il premier Monti sconfessò la decisione assunta. I fucilieri furono restituiti all’India. E’ evidente che in un quel consiglio dei ministri fu detto qualcosa che va al di là della posizione giuridica…” Termentini fa riferimento alle indiscrezioni uscite secondo le quali fu il ministro Passera a sottolineare che se l’Italia fosse andata in rotta di collisione con l’India avremmo perso circa 8 miliardi di commesse.
Insomma, una strategia di geopolitica economica…
“Guardi, avremmo potuto dare corpo agli annunci fatti sulla volontà dell’Italia di richiedere un arbitrato internazionale, una richiesta che può essere fatta unilateralmente e che avrebbe trovato soddisfazione nel giro di qualche settimana. Invece non è stato fatto più nulla….”
Le parole tranquillizzanti della Bonino fanno pensare bene anche per le richieste di interrogatorio degli altri 4 fucilieri che facevano parte della pattuglia a bordo della Enrica Lexie…
“Anche su questo l’Italia non si sta imponendo. L’India vuole interrogare in loco i nostri soldati, costringendoci praticamente a consegnarli altri 4 fucilieri. Eppure le soluzioni alternative sono tante, a cominciare da una rogatoria”.
E poi perché interrogare anche gli altri?
“I fucili che hanno sparato non erano dei due marò arrestati. Ne consegue che o erano stati lasciati a portata di mano due soli fucili per tutti i turni di guardia, oppure – e questo sospetto l’Italia lo dovrebbe far pesare – è possibile che dopo il sequestro fatto da parte delle autorità indiane di tutti i fucili nei nostri soldati, due presi a caso siano stati fatti sparare apposta per dimostrare che le nostre armi avevano fatto fuoco; ma avendoli presi nel mucchio non potevano sapere quali fossero le matricole aggregate a La Torre e Girone”.
Alla luce di questa possibilità allora torna prepotente la domanda: perché non si ricorre all’arbitrato internazionale?
“Le rispondo con un’altra domanda: c’è forse qualche segreto di Stato? Il Ministro, con una Sua risposta ad una mia istanza, il 15 maggio ha dichiarato che ‘sulla base del diritto internazionale consuetudinario e pattizio, continuiamo a ritenere che la giurisdizione sui due Fucilieri di Marina coinvolti nel tragico episodio spetti all’Italia e che essi debbano essere giudicati dalla magistratura italiana’.
Ha anche detto che “abbiamo firmato un accordo con una possibilità di accordo di sconto di pena” ma dimentica il concordato bilaterale con l’India sullo scambio dei condannati approvato dal Parlamento nell’agosto 2012 e diventato legge.
Dimentica anche, quando afferma di questo problema che da parte nostra “è stato gestito in maniera un pò pasticciata” quanto dichiarato l’11 marzo del 2013 dall’allora Sottosegretario De Mistura (“La decisione di non far rientrare i marò in India è stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri”). De Mistura chiarisce poi che “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e dell’immunità richiede un arbitrato internazionale: il ricorso al diritto internazionale o una sentenza di una corte internazionale”.
Non mi sembra – conclude il generale Ferando Termentini – che sia accaduto nulla di tutto ciò che è stato dato per certo. E se allora si è pasticciato adesso – cosa ancor più grave – si sta rinunciando ad affermare la sovranità internazionale.