Totò Riina deve morire in carcere. La presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, ha mostrato il pollice verso all’ipotesi di concedere “una morte dignitosa” al boss di Cosa Nostra, così come ipotizzato da una sentenza della Cassazione. “Viste le condizioni fisiche di Riina, sì imprevedibili ma al momento stabili, si potrebbe anche ipotizzare in futuro un rientro in carcere, dove comunque le condizioni sarebbero adeguate, identiche se non superiori a quelle di cui potrebbe godere in un regime di domiciliari”, ha detto la parlamentare del Pd. “Questo gli consente lo svolgimento di una vita dignitosa, e di una morte, quando essa avverrà, altrettanto dignitosa. A meno che non si voglia affermare un diritto a morire fuori dal carcere, che non è supportato da nessuna norma”, ha aggiunto la Bindi nella relazione preparata dopo il sopralluogo svolto ieri presso l’Ospedale Maggiore di Parma, dove il “capo dei capi” è ricoverato in regime di 41 bis.
Quindi la presidente dell’Antimafia ha evidenziato: “Riina è stato e rimane il capo di Cosa nostra ma perché tale rimane per le regole mafiose. Ha continuato a partecipare alle numerose udienze che lo riguardano dimostrando di conservare lucidità fisica e in qualche modo anche fisica. Conserva immutata la sua pericolosità concreta e attuale, è perfettamente in grado di intendere e volere, non ha mai esternato segni di ravvedimento”. Bindi ha infine messo in risalto un altro aspetto: “La questione assume, in realtà, una ben più ampia portata in considerazione del fatto che molti dei detenuti al 41-bis condannati all’ergastolo, specie quelli a cui il regime speciale è stato applicato sin dalla sua entrata in vigore, sono invecchiati o destinati a invecchiare in ambito carcerario dove bisogna far fronte al loro naturale decadimento fisico spesso accompagnato dall’insorgenza o dall’aggravarsi di patologie mediche”.